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Intervista esclusiva a Di Pillo: “La Superbike sta andando a morire”

In occasione dell’Arai Day, organizzato domenica 1° settembre all’Autodromo di Modena, abbiamo potuto fare quattro chiacchiere con la storica voce della Superbike, Giovanni Di Pillo, che ci ha confidato il suo pensiero sul futuro, incerto, di questo bellissimo campionato
Un consiglio a Dorna
È un Giovanni Di Pillo sfiduciato quello che troviamo all’Autodromo di Modena, dove è impegnato a presentare Jonathan Rea al grande pubblico durante l’Arai Day. Il celebre telecronista della Superbike commenta con amarezza quello che resta del campionato che in passato ha regalato grande spettacolo e che ora sembra avere un destino già scritto. La nostra Serena Zunino ha potuto fare una chiacchierata con la storica voce della Superbike, che le ha svelato la ricetta che potrebbe salvare l'odierna SBK.

Com’è cambiata la Superbike in questi anni?
È andata verso una morte sicura. Stanno facendo di tutto per far disinnamorare il pubblico (e i piloti) che era impazzito per questa categoria. Hanno creato regolamenti assurdi e hanno snaturato i cardini che proprio hanno reso famosa la Superbike, ovvero il livello, la competitività, la fraternizzazione e il clima all’interno del paddock, la formula originale della Superpole, due gare la domenica. Hanno fatto di tutto per cambiarla, ci sono riusciti: bravi!

Che consiglio darebbe a Dorna per far tornare in alto la Superbike?
È facile: tornare indietro! È una cosa stupidissima: fai un cambiamento radicale, vedi subito che non funziona, torni indietro. No? Motori liberi, elaborazione libera, più potenza, più possibilità di sviluppo. Non sono d’accordo con queste leggi finte, motori sigillati, tutto contingentato. E poi che si torni alla vera Superpole, un giro secco, il sabato e alle due gare della domenica.

Come commentiamo questa stagione in corso?
Strana, molto strana. Tutti avrebbero gridato al miracolo del ciclone Alvaro Bautista, che poi ha dato la dimostrazione chiara che l’esito di un determinato connubio moto e pilota è dato al 90% dalla forza mentale del pilota stesso. Alvaro è scoppiato, in casa sua (a Jerez, ndr), e dopo non si è più ripreso. Chi non ha mai mollato, Jonathan Rea, dato spacciato anche da me, ha addirittura ormai il quinto titolo in tasca.

Il prossimo anno arriverà Scott Redding…
Non cambia nulla. Con questa moto va molto bene, così come il suo compagno di squadra nel BSB (Superbike britannica) Josh Brookes. Secondo me, in ogni caso, Jonathan rimarrà l’uomo di riferimento.

Come in MotoGP c’è Marquez, in Superbike c’è Rea.
Assolutamente sì, senza ombra di dubbio. Per il momento è il pilota più completo con la squadra più completa. Kawasaki corre solo in Superbike, investe molto in Superbike e ha creato un team difficilmente raggiungibile.

Secondo lei, qual è stata la stagione più bella della storia Superbike?
Quella della grande sfida finale a Imola tra Troy Bayliss e Colin Edwards, nel 2002. Arrivarono separati di sei punti, fecero la gara più bella della storia, in un periodo con i veri 120mila spettatori. Da quel momento in poi siamo andati a calare. Chissà come mai, chissa perché la MotoGP da 500 è diventata 1000 a quattro tempi. Quindi, casualmente, è tutto un mischione.

Si dice che qui in Superbike manchi il personaggio, secondo lei questa affermazione è vera?
No, è pieno di personaggi, ma ormai è tutto uguale. Manca la formula vecchia che portava grandi sorpassi e grandi battaglie. Prima avevamo dieci personaggi insieme, Haga, Corser, Chili, Fogarty, facevano uno spettacolo impensabile per questi tempi.

Si aspetta qualche sorpresa dal prossimo anno con i nuovi movimenti di mercato?
Zero. O cambia il regolamento o rimane tutto così. Ogni tanto al massimo ci sarà qualche sprazzo, ma sarà sempre e solo un dominio di Jonathan Rea, o forse di Redding, vedremo.
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