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Gilera 50 Trial, dalla crisi nera al successo con un motorino

Arrivato nel dicembre del ’71 e guadagnatosi in breve il cuore dei quattordicenni (nonchè la vetta del Kilimanjaro), il Gilera 50 V Trial inaugurò di fatto una nuova epoca. Non per nulla, di lì a poco tempo molte case italiane iniziarono a proporre trial leggeri pensati proprio per i più giovani…

Terreni impervi per conquistare una nuova generazione

Alla fine degli anni ’60 Gilera versava in gravi difficoltà finanziarie, con esposizioni bancarie e verso l’erario per oltre 4 miliardi di lire “tamponate” da continui aumenti di capitale, che tuttavia non bastavano a colmare le perdite accumulate. Per evitare il fallimento, nel novembre 1969 Giuseppe Gilera siglò l’accordo con Piaggio, che rilevò marchio, impianti e circa 500 dipendenti, salvando la produzione e avviando nuovi investimenti sul sito di Arcore. L’obiettivo era duplice: tutelare da un lato il glorioso passato agonistico e preservare l’eredità sportiva di un marchio vincitore di titoli mondiali e Sei Giorni Internazionali -  e rilanciare dall’altro la gamma verso cilindrate medio‑piccole e modelli off‑road rivolti a giovani appassionati. Fu in questo contesto che, pochi anni dopo, prese forma l’idea del 50 V Trial (subito ribattezzato “Gilerino”), piccolo off-road dallo spirito audace, pensato per chi voleva cimentarsi nei sentieri con un’anima autentica da moto da cross. 

Dai prototipi al lancio commerciale

I primi studi partirono già nel 1970 negli uffici tecnici di Arcore, dove gli ingegneri Gilera lavorarono su telaio e motore per garantire leggerezza e robustezza. I prototipi abbinavano al telaio a doppia culla chiusa forcelle e ammortizzatori regolabili Ceriani, ruote da 19 all’anteriore e 17 al posteriorem con pneumatico tassellato dietro e scolpito davanti ed un due tempi da 49 cm3 ed 1,4 CV di potenza (regola dettata dal Codice della Strada per  la categoria) agile e pronto ai bassi regimi grazie al cambio a 5 rapporti ben calibrato. L’ideale, insomma, per l’off‑road leggero. 

La presentazione ufficiale avvenne alla Fiera di Milano nell’autunno del 1971 ed il lancio commerciale a dicembre dello stesso anno, con il prezzo franco fabbrica fissato in 184.000 lire. Un posizionamento azzeccato e competitivo rispetto alla concorrenza, come la Garelli Tiger (proposta a 177.000 lire) e la Fantic TX9 Caballero (che ne costava invece 200.000). Le prime consegne agli showroom si ebbero all’inizio del 1972: le concessionarie Gilera registravano richieste in forte crescita: nel primo trimestre 1972 si stima che furono venduti oltre 5.000 esemplari, confermando la validità dell’investimento Piaggio sul marchio storico di Arcore. 

Arrivano l’Enduro e il Touring

Un paio d’anni dopo, nel 1973, arriva l’Enduro, versione più “grintosa” caratterizzata principalmente dalla nuova marmitta che passa sopra la testa motore per fuoriuscire sulla destra ed evitare così di interferire con la gamba del pilota. Per il resto le differenze col Trial - che nello stesso anno viene aggiornato con un nuovo volano magnete di maggiori dimensioni ed un nuovo carburatore - sono minime. Una piccola differenza riguarda ad esempio i due tubi telaio che sorreggono sella e serbatoio, più “sinuosi” sul Trial e più rettilinei nell’Enduro. Altra cosa le pedane, fisse sul Trial e retrattili sul nuovo Enduro. Inoltre, se sul trial la ruota anteriore è solo scolpita, sull’Enduro diventa, come al posteriore, artigliata. Da ricordare, infine, la versione Touring del Trial, più votata all’asfalto e proposta ad un prezzo leggermente inferiore. 

La spedizione sul Kilimanjaro

Gigi Crosa, un giovane studente genovese di 24 anni, decise di affrontare una sfida ambiziosa: raggiungere con una motocicletta la vetta del Kilimanjaro, a 5.895 metri di quota. Nel 1970 iniziò a studiare con attenzione il percorso, cercando insieme al fratello Nicolò – che decise di accompagnarlo – un tracciato percorribile e libero da corsi d’acqua. Per affrontare l’impresa, ai due vennero affidati due esemplari pre-serie della Gilera 50 5V Trial, non ancora in produzione, che furono opportunamente adattati per la spedizione: venne montato un convogliatore di aria calda sullo scarico per evitare che la miscela congelasse nel carburatore, furono preparati pignoni intercambiabili per gestire le ripide salite e la ruota anteriore venne sostituita con una tassellata, più adatta ai fondi sconnessi. Partiti da quota 1.400 metri, i due fratelli iniziarono l’ascesa: a 3.600 metri passarono la notte in una tenda igloo, con temperature che toccarono i –14°C. E, ripreso il cammino, con il paesaggio che si faceva sempre più ostile, dopo sei ore di marcia oltre i 4.000 metri decisero di fermarsi a quota 5.180 metri. Non raggiunsero la cima, ma conquistarono comunque un primato assoluto. Ancora oggi il Museo Piaggio conserva un esemplare originale, con tanto di libro di bordo, della spedizione sul Kilimanjaro.

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