Giapponesi che perfezionisti... Yamaha YSR50: la mini GP faceva sul serio
Sembra un giocattolo, ma è una vera Yamaha: carene integrali, cambio a cinque marce, livree identiche a quelle (leggendarie) sfoggiate in pista. Negli anni Ottanta la YSR50 ha conquistato i cuori di chi sognava il paddock ma aveva solo un piazzale dietro casa. Una mini-replica da Gran Premio capace di condensare stile, tecnica e passione in appena 75 kg…
Se i giapponesi fanno una cosa…
Una cosa è chiara: quando i giapponesi decidono di fare qualcosa, o è al massimo livello… oppure non si fa. È il caso delle minimoto come la Yamaha YSR50, nate sì come piccoli giocattoli da strada, ma progettate e rifinite con una cura che nulla aveva da invidiare alle moto “vere”. Perché in fondo è questo il bello delle repliche in scala: hanno le proporzioni, le forme e perfino le grafiche delle sorelle da Gran Premio. Sono solo più compatte. E la YSR50, presentata da Yamaha nel 1986, rappresenta una delle vette più riuscite di questa filosofia. Ecco la sua storia…
L’inizio di una moda
Per comprendere il successo della YSR50 bisogna tornare agli anni Settanta, quando Yamaha lanciò sul mercato giapponese le sue mini “Trail” GT50 e GT80, ispirate alla famiglia DT. Furono un successo inaspettato, tanto che l’idea di produrre mezzi piccoli, ma dal design e dalle forme identiche alle versioni grandi, si fece strada anche tra le moto sportive. E così, quando a metà anni Ottanta Suzuki mise in commercio la GAG — una replica in miniatura della GSX-R — Yamaha rispose prontamente, nello stesso 1986, con la sua YSR50.
Solo un po’ più piccola

A guardarla da lontano sembrava quasi una vera moto da GP. Telaio in acciaio a sezione quadrata, cerchi, anch’essi in acciaio, da 12 pollici (più grandi dei classici montati sulle mininitybike da 10), interasse di poco più di un metro e una posizione di guida raccolta. Il tutto abbinato, davanti, ad una forcella telescopica e, dietro, ad un forcellone con monoammortizzatore. All’altezza il comparto frenante: disco singolo davanti e a tamburo dietro.
Ma soprattutto c’erano le carene integrali, vere protagoniste dell’estetica, che ricalcavano in modo fedele le linee delle Yamaha da competizione. E sotto? Il motore, abbinato ad un carburatore Mikuni VM16SH e al cambio a 5 marce, è un monocilindrico a due tempi raffreddato ad aria da da 49,3 cm3 che sembra molto più grande grazie a un sistema d’aspirazione con valvola lamellare e sistema Y.E.I.S. studiati per migliorare l’erogazione. Il tutto per una potenza di circa 7 cavalli a 8.800 giri al minuto, sufficienti, grazie anche al peso di soli 75 kg, per divertirsi davvero. Velocità massima? Ben raccolti dietro al (piccolo) cupolino si possono sfiorare i 70 km/h.
Il fascino delle livree

Oltre alla forma, a colpire fu soprattutto la livrea. Yamaha fece subito le cose in grande, proponendo la YSR50 in versioni celebrative ispirate ai colori ufficiali del team racing: dalla classica “Yamaha Works” alla versione blu Gauloises, fino alla famosa livrea viola Tech21, nata dalla collaborazione con Shiseido. Negli anni successivi, le varianti aumentarono ancora: nel 1987 arrivò la replica Marlboro dei GP, la colorazione ufficiale del team Yamaha da corsa, e perfino una versione con i colori UCC, sponsor del campionato nazionale giapponese.

Una piccola star anche oltreoceano
Il successo della YSR50 fu tale che Yamaha decise di esportarla anche negli Stati Uniti, dove tra il 1989 e il 1991 vennero commercializzate nuove livree ispirate alla TZR250, altro modello simbolo della casa di Iwata. Era la dimostrazione che anche in scala ridotta si poteva parlare di cultura sportiva vera e propria, fatta di riferimenti, sponsor e sensazioni da pista.
L’arrivo della concorrenza
Non passò molto tempo prima che anche Honda scendesse in campo, e lo fece con decisione: nel 1987 lanciò la NSR50, dotata di raffreddamento a liquido e prestazioni superiori. Yamaha rispose due anni più tardi con la TZM50R, modello ancora più spinto e tecnologicamente avanzato. Forse troppo: fu a quel punto che il pubblico, orientato su modelli divertenti ma semplici perse quasi di colpo interesse per queste piccole “belve da circuito”, segnado così la fine dell’epoca d’oro delle minimoto sportive.
Il ricordo di un’icona
Oggi la YSR50 resta un oggetto di culto. Una miniatura fedele dello spirito GP anni Ottanta, capace di far sognare anche chi non poteva permettersi una vera superbike. Con i suoi 7 cavalli e quella linea filante, fu molto più che una moto giocattolo. Fu una Yamaha in tutto e per tutto — solo un po’ più piccina.
Ne volte una?
In Italia, le YSR50 dei primi anni sono rare, ma alcuni rivenditori o privati ne vendono a prezzi tra 2.000 e 5.000 euro, in funzione di condizioni, chilometraggio e autenticità. Se l’idea di mettervene una in garage (o in salotto) vi solletica, il consiglio è di tenere ben monitorato il mercato (i siti di annunci usato sono perfetti). Di tanto in tanto spunta un nuovo annuncio…
Foto e immagini