Salta al contenuto principale

Corradino D'Ascanio inventò l'elicottero, fu tradito e la Vespa lo punse

Per tutti è il padre della Vespa, simbolo di un’Italia che riparte e si rimette in movimento. Ma prima, e forse soprattutto, Corradino D’Ascanio fu un uomo del cielo, ingegnere del volo e pioniere dell’elicottero. La sua è la storia di un successo planetario che coincide, paradossalmente, con l’obbligata rinuncia alla più intima vocazione 

Prima della Vespa

Prima che lo scooter per antonomasia ne fissasse per sempre il nome nell’immaginario collettivo, Corradino D’Ascanio fu soprattutto altro. Fu ingegnere aeronautico in senso pieno, progettista visionario, uomo del volo prima ancora che dell’industria, cresciuto in un’epoca in cui l’ingegneria non conosceva compartimenti stagni e in cui l’invenzione nasceva spesso da un’ossessione personale più che da una commessa. La sua storia, letta da questa prospettiva, restituisce il profilo di un tecnico inquieto, continuamente proiettato in avanti e solo in parte riconciliato con il successo che arriverà, paradossalmente, dal progetto che meno sentiva suo…

Il sogno del volo

D’Ascanio nasce a Popoli, in Abruzzo, nel 1891. Qui, ancora bambino, sviluppa una fascinazione per il volo, alimentata dall’osservazione degli uccelli e dalla lettura delle intuizioni leonardesche sulle macchine volanti. Quando nel 1903 la notizia del primo volo dei fratelli Wright arriva anche in Italia, la fantasia del giovane Corradino s’infiamma. È un ragazzino curioso: osserva, misura, annota. Studia il modo in cui i volatili planano, il rapporto tra peso e apertura alare, il ruolo delle correnti ascensionali. Alla maniera leonardesca, integra l’osservazione empirica con lo studio anatomico, analizzando ali e ossature degli uccelli che il padre, cacciatore, porta a casa. Nel 1906, a soli quindici anni, costruisce un deltaplano artigianale, probabilmente il primo in Abruzzo e tra i primi in Italia. Usa stecche di legno e lenzuola sottratte di nascosto al letto materno, poi si lancia da un colle sopra Popoli e riesce a staccarsi da terra per alcuni metri. Non è un gioco, ma il primo atto concreto di una vocazione.

L’ingegnere in guerra

Image

E così, dopo il diploma all’Istituto tecnico di Chieti, D’Ascanio si laurea in ingegneria industriale al Politecnico di Torino nel 1914. Allo scoppio della Prima guerra mondiale viene arruolato e assegnato al Battaglione Aviatori, dove mette immediatamente in campo il proprio ingegno. Per l’Esercito sviluppa una serie di dispositivi destinati a lasciare un segno duraturo: un sistema radio installato su aeroplano per le comunicazioni tra pilota e terra, un meccanismo che consente al pilota di lasciare temporaneamente i comandi senza perdere la rotta (un embrione di pilota automatico, potremmo dire) e strumenti per indicare l’inclinazione del velivolo, tra cui il clinometro universale, ceduto poi alla FIAT nonché antesignano dello “sbandometro” moderno.

L’esperienza americana e le invenzioni “minori”

Image

Conclusa la guerra, D’Ascanio vive una breve - ma deludente- parentesi americana, durante la quale cercò di inserirsi nell’industria aeronautica commerciale collaborando, tra gli altri, con il progettista Ugo Veniero D’Annunzio, figlio di Gabriele, al Technical Bureau of Construction della Caproni Aeroplanes di Detroit. Tornato in Italia, apre uno studio di ingegneria civile e industriale a Popoli, dove dà sfogo a tutta la sua creatività in una serie di progetti che, da soli, rivelano la capacità di osservazione e la precisione che caratterizzeranno ogni sua invenzione. Nascono così il forno elettrico per la cottura di pane e dolci, ideato nel 1921 e antesignano dei più moderni forni regolabili, ed il sistema elettropneumatico per la ricerca di documenti, descrivibile come una sorta di antenato dei motori di ricerca moderni (digitando una parola chiave su una tastiera, il meccanismo permetteva di localizzare automaticamente la scheda corrispondente tra montagne di faldoni e archivi cartacei). Non mancano le invenzioni più curiose e pratiche: un segnalatore di eccesso di velocità per veicoli, precursore degli odierni autovelox, e dispositivi meccanici e ottici destinati a migliorare la sicurezza e la precisione nelle officine aeronautiche. Invenzioni “minori” che non gli procurano la fama mondiale, ma gli garantiscono la sopravvivenza economica e la possibilità di continuare a sperimentare.

L’idea dell’elicottero

Image

Il volo resta però il suo vero orizzonte. Nel 1925, insieme al barone Camillo Trojani, avvia lo sviluppo di un’innovativa macchina volante.  L’obiettivo è ambizioso: realizzare un velivolo a decollo verticale, dotato di stabilità automatica e capace di sollevare uomini e carichi senza bisogno di piste. I primi prototipi, il D’AT1 e il D’AT2, (D’Ascanio - Trojani) permettono a Corradino di sviluppare ed affinare rivoluzionarie soluzioni ingegneristiche come l’elica a passo variabile. Proprio quest’ultima, oltre a rappresentare un’innovazione fondamentale per il progetto dell’elicottero, attira l’attenzione della Piaggio, che ne riconosce subito il potenziale tecnico. Nel 1932 l’ingegnere viene quindi chiamato a collaborare come consulente tecnico e capo dell’Ufficio Eliche nello stabilimento di Pontedera. Poco più tardi, nel 1930, il D’AT3 si solleva in aria all’aeroporto di Ciampino e conquista tre primati internazionali: durata del volo (8 minuti e 45 secondi), distanza percorsa  (1.078 metri) e altezza raggiunta (18 metri).  
Nonostante l’innovazione, in Italia “l’elicottero” resta confinato a prototipi sperimentali: le autorità non rinnovano i finanziamenti e la produzione industriale non decolla. All’estero, invece, l’idea non passa inosservata: negli Stati Uniti Igor Sikorsky studia i principi sviluppati da D’Ascanio e, nel 1939, realizza il suo VS-300, dando vita alla prima produzione seriale di elicotteri (e pubblicamente anni dopo riconobbe l'importanza delle idee di D'Ascanio).

Il periodo bellico

Scoppia, nel frattempo, la Seconda guerra mondiale e Piaggio si concentra sulla produzione bellica progettando e costruendo motori e componenti per aerei militari e velivoli da trasporto. Dall’alto della sua esperienza, D’Ascanio continua a fornire consulenza tecnica all’azienda per lo sviluppo, in particolare, di eliche a passo variabile. Pur dovendosi concentrare sulle esigenze di guerra, D’Ascanio, che manteneva viva la passione per il volo verticale ed il “suo” elicottero, lavora discretamente su progetti “propri” sfruttando i ritagli di tempo tra una consulenza e l’altra. Gli ingenti danni provocati agli stabilimenti di Pisa e Pontedera dai bombardamenti Alleati del 1943 compromettono però ogni lavoro e la produzione e lo sviluppo di nuovi prototipi aeronautici si interrompono bruscamente. 

Il momento della ricostruzione ed il tragico incidente

Image

Finita la guerra, Piaggio si trova di fronte alla necessità di riconvertire la produzione dagli impianti bellici a quella civile. Non viene però escluso “ritorno” allo sviluppo aeronautico. D’Ascanio è la persona giusta: riprende i mano i progetti mai abbandonati e, partendo dal D’AT3, sviluppa nuovi brevetti e realizza nuovi prototipi. Il sogno sembra ormai a portata di mano ma, come già successo con lo scoppio della guerra prima e con i bombardamenti alleati poi, una nuova tragedia l’interrompe bruscamente, questa volta per sempre. Durante una prova di volo, un prototipo di elicottero si schianta rovinosamente a terra, causando la morte del collaudatore, padre di famiglia. L’evento, oltre a mettere in evidenza i rischi ancora elevati della sperimentazione aeronautica in quegli anni, si rivela un drammatico colpo emotivo per Enrico Piaggio che, rimasto fortemente scioccato dalla tragedia, decide di abbandonare definitivamente lo sviluppo degli elicotteri.  È un brutto colpo anche per D’Ascanio, un evento che segna la fine della sua più grande ambizione. Il suo progetto di elicottero, che avrebbe potuto portare l’Italia in prima fila nella storia dell’aviazione, resta fermo tra ricordi e prototipi distrutti.

La Vespa che lo punse e lo ancorò a terra 

Image

Rimasto in azienda perché legato da un rapporto di fiducia e da anni di collaborazione, a D’Ascanio viene affidato un incarico completamente diverso: progettare un veicolo a due ruote economico, pratico e accessibile, pensato per un’Italia appena uscita dalla guerra, in cui la mobilità civile diventa una priorità. Superfluo, qui, dilungarsi sulla genialità della Vespa e sull’incredibile successo riscosso a livello planetario dallo scooter di Pontedera. Una magra consolazione: “A me, la Vespa mi ha punto!”, amava ripetere D’Ascanio sottolineando il paradosso della propria vita. La Vespa gli regala notorietà e fama mondiale, ma diventa anche un pesante fardello che lo ancora a terra, così distante dalla sua vera e più intima vocazione: librarsi nell’aria. Una vocazione inseguita fino all'ultimo: il suo ultimo progetto, firmato nel 1964 all'età di 73 anni, fu non a caso un aliante per l'addestramento dei piloti di elicotteri realizzato su commessa dell'Augusta SpA. 

Guardando alla storia da un’altra prospettiva: Le 5 idee geniali che hanno reso unica la Vespa

Aggiungi un commento