Che sberle! Le moto cult di Terence Hill e Bud Spencer in Altrimenti ci arrabbiamo
Dall’agile Ossa di Terence Hill alla pachidermica Tuareg di Bud Spencer, passando per le bellissime Scrambler dei cattivi e, ovviamente, la leggendaria Dune Buggy con cappottina gialla, Altrimenti ci arrabbiamo… èanche un piccolo scrigno di meraviglie motoristiche…
Come with me for fun in my buggy…
Bastano le prime tre o quattro note per ritrovarsi immediatamente lì. Uscito nel 1974 e diretto da Marcello Fondato, Altrimenti ci arrabbiamo… è forse il film che più di tutti ha cementato l’immaginario legato alla coppia Bud Spencer & Terence Hill. Una pellicola vista e rivista in TV, fino alla nausea, forse, ma che non ci ha mai davvero annoiati, anzi… I ruoli sono quelli di sempre: uno orso, burbero e imponente; l’altro agile, furbo e con quell’aria angelica che preannuncia guai. E sberle. La trama, la consociamo tutti, ruota attorno a una Dune Buggy (rigorosamente “rossa con cappottina gialla”) distrutta dagli scagnozzi del Boss locale. Da lì la tempesta di sberle (sì, ci ripetiamo ma nel film se conteranno almeno 10mila) divenuta leggendaria. Accanto alla celebre quattro ruote (di cui parleremo poi), Altrimenti ci arrabbiamo… è però anche un piccolo scrigno di meraviglie motociclistiche: la Ossa 250 di Terence Hill, la Motozodiaco Tuareg di Bud Spencer e perfino le Ducati Scrambler usate dalla banda dei cattivi. Ve le ricordate? No? Allora vi aiutiamo noi!
La Ossa 250 di Terence Hill
Nel celebre spezzone del film, Terence Hill mette in scena un duello rusticano insieme a Bud Spencer (ne parliamo sotto) in sella a una OSSA 250 AE73 Enduro, mentre i cattivi sono in sella a Ducati Scrambler. La moto appartiene alla storica marca spagnola nata a Barcellona nel 1924 come azienda specializzata nella produzione di attrezzature cinematografiche (in partcilare inventò un dispositivo da accoppiare ai proiettori e brevettato per dare ai film muti l’audio) e convertitasi poi alla produzione motociclistica nel secondo dopoguerra. Negli anni ’60 e ’70 OSSA godeva di un grande successo sia in Europa che negli Stati Uniti, proprio grazie a modelli come la 250 E73 di Terence. Nel 1974 - quando Altrimenti ci arrabbiamo… uscì nelle sale - era un modello nuovissimo e considerato tra i migliori della sua epoca: monocilindrica, 250 cm3, 2 tempi e una velocità massima dichiarata di 130 km/h. Una moto leggera, nervosa e perfetta per le fughe acrobatiche di un Terence Hill in grande spolvero. Accanto alla sua, nel film compaiono anche altre Ossa 250 e diverse Ducati Scrambler, tutte nelle mani della gang che tenta invano di fermarlo.
La Motozodiaco Tuareg di Bud Spencer
Se la Ossa di Terence è perfettamente coerente con il suo stile agile e snello, la moto di Bud Spencer sembra costruita apposta per il suo fisique du rôle. E invece no: la Motozodiaco Tuareg era un mezzo di serie, prodotto in piccola quantità dalla bolognese Autozodiaco. Una casa nata nel 1968 grazie a Mario Zodiaco, inizialmente impegnata nella compravendita d’auto e poi, come vedremo, nella costruzione di dune buggy su base Volkswagen Maggiolino (la celebre serie Deserter). Nel 1973 Autozodiaco fece una breve incursione nelle due ruote con l’iconica Tuareg, una moto pensata per la sabbia. Rientrava nel filone statunitense delle moto da spiaggia, ossia quei mezzi compatti con ruote larghe e tozze che negli USA avevano preso piede parallelamente a modelli come la Suzuki RV e la Honda Monkey. La Tuareg, nella versione 223-2 vista nel film, era una vera “progenitrice del quad”: ruote tassellate, motore monocilindrico due tempi da circa 250 cm3, accensione a strappo “da tagliaerba” (con starter elettrico opzionale), trasmissione a puleggia di tipo agricolo e circa 100 km/h di velocità massima. Insomma, un mezzo tanto assurdo quanto scenografico. Non stupisce che Bud sembri dominarla con la stessa naturalezza con cui dispensa ceffoni.
Le Ducati Scrambler dei cattivoni
Nel film, dicevamo prima, la gang che insegue Terence Hill cavalca una serie di moto decisamente più “classiche”, tra cui, oltre ad alcune Ossa 250, anche un paio di bellissime Ducati Scrambler. Antenata del modello attuale, quella di allora era tutta un’altra cosa. Curioso il fatto che la prima Ducati denominata Scrambler fosse una 250 nata tra il 1961 e il '62 destinata agli USA: ruote artigliate, scarico libero, un manubrio alto e uno scarno impianto elettrico. La Scrambler italiana arriverà solo qualche anno dopo, precisamente nel 1968, col nuovo motore denominato 'carter larghi', ovvero con gli attacchi al telaio più distanziati in senso trasversale, e un nuovo telaio più robusto e strutturato che furono alla base di una nuova serie di motociclette declinate in più versioni. Tra queste c'erano appunto anche le Scrambler, commercializzate nelle cilindrate di 250 (74 x 57,8 mm) e 350 (76 x 75 mm). Al Salone di Milano del 1969 si aggiunse a queste la versione di 450 cm3 (86 x 75 mm), in pratica una 'tre e mezzo' col pistone più grosso. Visivamente le si riconosceva per il colore del serbatoio: giallo per la 250, arancio per la 350 e giallo (diverso dal 250) per il 450. Una gran moto che seppe farsi amare nonostante i tanti (perchè ce n’erano parecchi) difetti. Di lei e della sua storia ve ne parlavamo qui: Ducati Scrambler, storia di un successo di 50 anni fa
La Dune Buggy e il mito americano: dalle spiagge della California al grande schermo
Nel film, lo sappiamo, tutto nasce da una Dune Buggy Puma, la famosa “rossa con cappottina gialla”. Autozodiaco - cioè la stessa casa della Tuareg - era specializzata in questo mondo sin dalla fine degli anni ’60, quando il fenomeno delle dune buggy esplose grazie alla straordinaria intuizione di Bruce F. Meyers. Fu lui, nel 1964, a progettare la Meyers Manx, cioè la prima vera buggy commerciale: carrozzeria in vetroresina, meccanica Volkswagen Maggiolino, passo corto, parafanghi alti e un design che univa richiami alla Kubelwagen e alla piccola italiana “Jolly”. La Manx ebbe un successo travolgente, venduta prima in pochissimi pezzi e poi in migliaia di kit destinati a tutto il mondo, benché spesso imitata, o meglio, copiata, da varie aziende estere, come la EMPI e molte altre. Fu così che in breve tempo le buggy divennero un’icona pop, fino a gareggiare persino nella celebre Baja 1000. L’ondata statunitense arrivò anche in Italia e affascinò Mario Zodiaco, che diede vita ai modelli Deserter e poi alla Puma vista nel film…