Aspes Navaho: il 50ino che riscrisse le regole negli anni 70
Piccola grande protagonista del motociclismo italiano degli anni Settanta, Aspes ha lasciato un segno indelebile nel mondo dei ciclomotori fuoristrada. Uno su tutti il “leggendario” Navaho, modello che ha conquistato appassionati e piloti…
Fondata a Gallarate negli anni Cinquanta, Aspes nasce come produttrice di biciclette, ma ben presto si specializza nella realizzazione di ciclomotori diventando una realtà importante nel panorama del motociclismo italiano degli anni Sessanta e Settanta. Tra i modelli di maggior successo c’è il Navaho modello che ha conquistato appassionati e piloti. Ecco la sua storia…
Navaho: fuoristrada leggero
Presentato al Salone di Milano del 1971 e lanciato sul mercato l’anno seguente ad un prezzo di 245.000 lire per il P6 e 235.00 per il P4 (molto più del Caballero di Fantic, che all’epoca costava 198.000 lire), il Navaho rappresenta il punto più alto della produzione Aspes nel settore del fuoristrada leggero. Nato per rispondere alla crescente domanda dei giovanissimi di moto da fuoristrada, il Navaho si distingueva per un design curato e componenti tecnici di qualità, assai più sofisticati rispetto alla media dei ciclomotori dell’epoca. Con motori Minarelli P4 a 4 marce e P6 a 6 marce, e sospensioni teleidrauliche progettate internamente, il Navaho si proponeva come un modello robusto e affidabile, ideale per chi cercava una moto leggera ma capace di affrontare anche percorsi impegnativi. Il prezzo, decisamente superiore alla media, rifletteva la qualità dei materiali e la cura costruttiva: un investimento pensato per appassionati esigenti. Nonostante questo, il Navaho trovò un buon riscontro tra i giovani piloti amatoriali, guadagnandosi un ruolo di rilievo nelle competizioni monomarca. La scheda tecnica era di tutto rispetto.
La tecnica
Motore e trasmissione
Cuore del Navaho era il motore Minarelli P4 (4 marce) o P6 (6 marce), capace di erogare circa 5,5 CV, una potenza modesta ma più che sufficiente per il tipo di utilizzo previsto. Era robusto e di facile manutenzione, affidabile e “aperto” a svariate elaborazioni amatoriali. L’adozione di un albero motore bilanciato e di cilindri con alesaggio e corsa studiati per il bilanciamento tra prestazioni e durata ne fecero non per nulla un motore molto apprezzato nel segmento.
Telaio e sospensioni
Realizzato con tubi d’acciaio rinforzati nei punti più sollecitati, come gli attacchi degli ammortizzatori e il cannotto di sterzo, il telaio - prodotto internamente da Aspes - era abbinato a sospensioni teleidrauliche particolarmente efficienti per il periodo, con forcella - anch’essa prodotta da Aspes - particolarmente resistente alle sollecitazioni tipiche del fuoristrada. Dietro, gli ammortizzatori Sebac erano regolabili nelle versioni più recenti.
Carrozzeria e componentistica
Il Navaho sfoggiava con una carrozzeria in plastica leggera, disponibile in varie tinte metallizzate e pastello. Bella e curata, nonostante la fragilità di alcune plastiche in caso di caduta. I cerchi erano Radaelli in acciaio cromato, calzati da pneumatici Pirelli Motocross MT 07. Il serbatoio era, però, era di soli 3 litri.
Versioni speciali: quando il fuoristrada si faceva serio
Accanto al più diffuso Navaho P4/P6 in versione Codice, Aspes mise a punto una serie di varianti sviluppate per uso agonistico. Si trattava di modelli prodotti in quantità molto limitate, spesso difficili da reperire, destinati a un pubblico di piloti e preparatori. Il prezzo di queste versioni era sensibilmente più elevato e, soprattutto, non ne era consentito l’uso su strada dato che la potenza erogata superava di gran lunga i limiti imposti dal Codice della Strada per i ciclomotori. Tra queste, vale la pena ricordare:
- Il Fox RG da Regolarità, costruito nel biennio 1971-72 in appena 24 esemplari. Montava un motore Minarelli da 8,5 CV a 10.000 giri/min, preparato appositamente per la specialità dalla casa bolognese. Si distingueva per un serbatoio inedito e un cilindro in lega leggera con alettatura maggiorata.
- Il Navaho Cross Casa, progettato per le gare di motocross, accreditato di una potenza massima di circa 10 CV. Una moto pensata per affrontare i tracciati più impegnativi.
- Il Navaho Casa, versione intermedia tra il Fox RG e il Cross, con una potenza attorno ai 9 CV. Una sorta di “compromesso sportivo”, capace comunque di prestazioni elevate.
Una curiosità tecnica interessante riguarda un prototipo esposto al Salone del Ciclo e Motociclo di Milano nel 1975: si trattava di un Navaho Cross Casa equipaggiato con il nuovo motore Minarelli Compact System e con una sospensione posteriore a triangolo oscillante con monoammortizzatore. Una soluzione avanzatissima per l’epoca, adottata allora solo su moto ufficiali di livello superiore. Nonostante il potenziale innovativo, questo progetto non arrivò mai alla produzione di serie. Nel 1974, infine, Aspes presentò il Cheyenne P4/P6, una versione più economica del Navaho, costruita sullo stesso telaio ma dotata di parafanghi in lamiera, cerchi meno specialistici, componentistica semplificata e un serbatoio in vetroresina azzurro metallizzato, più capiente e di forma diversa rispetto all’originale.
Successi sportivi
A dare un impulso decisivo all’immagine sportiva di Aspes, che già nei primi anni della sua attività si distinse nelle gare di regolarità e motocross, fu il pilota Felice Agostini che, nel 1971, conquistò il titolo di Campione Italiano Cadetti 50 cc Cross in sella a una Aspes Cross Special '71, modello da gara che anticipava in parte le soluzioni tecniche e stilistiche poi adottate dal Navaho di serie. Quel successo sportivo contribuì in modo diretto alla presentazione ufficiale del Navaho 50 al Salone del Ciclo e Motociclo di Milano dello stesso anno, dove fu accolto con grande curiosità da parte di pubblico e stampa. La competizione non era solo una vetrina, ma un vero e proprio banco di prova per le soluzioni tecniche messe in campo da Aspes. Negli anni successivi, il Navaho venne impiegato in numerose competizioni giovanili e nei trofei monomarca riservati ai 50 cm3, in particolare nelle categorie riservate agli Juniores. Le versioni successive, come la Navaho Cross Competizione, alleggerita e migliorata nelle sospensioni e nell’aspirazione e venduta direttamente alle scuderie, furono pensate proprio per soddisfare le esigenze dei piloti più ambiziosi e delle piccole scuderie locali.
La fine della produzione
Negli ultimi anni Settanta l’originalità stilistica del Navaho andò affievolendosi: i rivali proponevano modelli più moderni ed evoluti; intanto i ciclomotori Aspes come Hopi e Yuma faticavano a mantenere il successo commerciale a causa dei costi elevati e dell’orientamento del mercato verso direttive più restrittive. Nel 1977 fu introdotto il Sioux 50, un modello monomarcia automatico, più semplice ma meno apprezzato, seguito dalla Yuma TSB — versione meno spinta della Yuma classica — che non riuscì a invertire il trend negativo. Nel 1982, la casa Aspes fu assorbita da Unimoto; il marchio fu utilizzato fino al 1984, prima che l’attività cessasse definitivamente nel 1986 con la chiusura anche di Unimoto.