Quando la bellezza era nella sostanza: le endurance degli anni d'oro
Ecco sei moto che hanno scritto la storia dell'endurance: nate per essere veloci e durare 24 ore tirate allo spasimo, sono entrate di diritto nella leggenda
Quando l’affidabilità era tutto
Le moto da endurance degli anni 70 e 80 ci raccontato di un’epoca d'oro del motociclismo. Nate per affrontare gare di 6, 8 o 24 ore, incarnavano l’essenza della velocità unita alla resistenza meccanica, quando ancora le soluzioni tecniche erano ancora poco standardizzate. Il regolamento TT-F1 lasciava spazio alla sperimentazione, favorendo la nascita di prototipi unici. Questo spirito pionieristico ha dato vita a macchine leggendarie, espressione di scelte tecniche coraggiose e ingegneria pragmatica.
Honda RCB1000
Dopo dieci anni di pausa dalle competizioni, Honda rientrò ufficialmente nelle gare su strada puntando sull’endurance. La RCB1000, solo nominalmente derivata dalla CB750, fu progettata ex novo: telaio doppia culla alleggerito, distribuzione a ingranaggi, testata a 4 valvole DOHC e carburatori a depressione. Tra il 1976 e il 1978 dominò il Campionato Europeo Endurance con tre titoli consecutivi, totalizzando 24 podi su 26 gare. Il progetto evolvette poi nella RS1000, che proseguì la striscia vincente fino al 1980.
Yoshimura Suzuki GS1000R
Nel 1980, Yoshimura presentò la GS1000R, equipaggiata con un telaio TT-F1 sviluppato da Suzuki e un motore 4 cilindri raffreddato ad aria/olio che raggiungeva i 135 CV, circa 50 in più del modello stradale. La moto ottenne subito la vittoria alla 8 Ore di Suzuka e successi anche nel mondiale endurance. Alla base del progetto, la sinergia tra il reparto corse giapponese e il know-how di Pop Yoshimura, artefice della preparazione del motore e delle soluzioni tecniche più avanzate dell’epoca.
Kawasaki KR1000
Frutto della collaborazione tra Kawasaki e il team francese Performance, la KR1000 nacque nel 1979 su base Z1000. Dal 1980, Kawasaki fornì telai dedicati in acciaio doppia culla, sospensioni evolute con anti-dive e carenature sviluppate in Francia. Con il passaggio al motore Z1000J, la KR1000 ottenne la doppietta nel Campionato Endurance 1981 e 1982, prima di chiudere il ciclo con un telaio in alluminio nel 1983. Una moto simbolo dell’efficacia della cooperazione internazionale nell’endurance.
Moriwaki Monster
Negli anni 80 Moriwaki introdusse un concetto allora pionieristico: il telaio in alluminio. La Monster, spinta da motori Kawasaki Z elaborati, debuttò con ottimi risultati nelle gare internazionali e divenne presto una moto iconica anche grazie alla vendita di kit e versioni complete. Nel 1981, con un peso a secco di soli 163 kg, Wayne Gardner segnò alla 8 Ore di Suzuka un tempo di qualifica di 2’14”76, migliorando di tre secondi il precedente record. Un progetto rivoluzionario che aprì nuove prospettive tecniche.
Suzuki GS1000R
Nel 1983 Suzuki mise in pista la GS1000R (XR41), con telaio in alluminio progettato dalla casa madre e motore due valvole preparato da Yoshimura. La scelta di non adottare il più recente 4 valvole GSX fu dettata da motivi di affidabilità. La moto, gestita dal neonato SERT (Suzuki Endurance Racing Team), vinse tre gare chiave – Silverstone, Jarama e Suzuka – conquistando il primo titolo mondiale endurance per Suzuki. Questa moto si trattò del primo passo per la nascita di un modello fondamentale per la casa, la mitica GSX-R750, presentata nel 1985.
Yamaha FZR750
Nel 1985 Yamaha debuttò nell’endurance con la FZR750 (OW74), primo progetto 4 tempi a 4 cilindri della casa per le gare derivate di serie. Testata nel campionato giapponese TT-F1, venne poi schierata alla 8 Ore di Suzuka con Kenny Roberts e Tadahiko Taira. Nonostante una partenza difficile, la coppia risalì fino al comando prima di ritirarsi a 32 minuti dalla fine. Il progetto aprì però la strada al successo: nel 1987 Yamaha trionfò con la YZF750, segnando un punto di svolta nella propria storia endurance.
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