Impennare la moto in... infradito: l'incredibile fenomeno social dei “grauzeiros”
Wheelie, stoppie e derapate, esibiti con un abbigliamento volutamente inadeguato e in contesti degradati. Sono gli ingredienti di un nuovo trend social, che trasforma il disprezzo del rischio in investimento
Nell’oceano virtuale dei contenuti social, una categoria particolare sta scalando i feed delle principali piattaforme: ragazzi e ragazze, il più delle volte provenienti dal Sud America e altrettanto spesso da contesti complicati, che si filmano mentre eseguono acrobazie spettacolari – e pericolose – in sella a moto di piccola e grossa cilindrata. A rendere ancora più virale il fenomeno è la combinazione tra abbigliamento del tutto inadeguato (e provocante, quando si tratta di ragazze) e contesti urbani degradati, che contribuiscono a creare uno stile narrativo diretto, crudo, quasi iperrealista.
In Brasile chi pratica queste acrobazie è detto “grauzeiro/a” da “grau” (impennata): il più affermato è Vinicius Moffati con 1,8 milioni di follower (maggio 2025)
Le piattaforme digitali, da TikTok a Instagram, passando per YouTube, si sono trasformate in palcoscenici dove gratuità e disprezzo del rischio si fanno intrattenimento. Il corpo – soprattutto quello femminile – si trasforma in strumento narrativo, quasi sempre esposto senza protezioni: pantaloncini cortissimi, top aderenti, stivali da passerella e, solo raramente, un casco. I ragazzi, spesso, appaiono ancora meno “attrezzati”: un paio di calzoncini e ciabatte/infradito come unica calzatura. Le clip video mostrano impennate, “stoppie” e “traversi” tra le strade polverose dei sobborghi. Che sia Medellín, le periferie di Lima o le favelas brasiliane, poco conta. La costante è un asfalto spesso dissestato, che fa da cornice a performance che flirtano continuamente con il pericolo. La spettacolarizzazione del rischio si fonde con un’estetica che mescola seduzione e ribellione.

Rita Vasconcelos è tra le "grauzeiras" che più spopolano sui social con 715.000 follower (maggio 2025)
Bucare l’algoritmo
Gli algoritmi che muovono la “centrifuga” social premiano questo tipo di contenuti e accrescono la popolarità degli sprezzanti “influ-stuntman”. Alcuni profili raccolgono milioni di follower e generano introiti considerevoli grazie a visualizzazioni, sponsorizzazioni di prodotti e collaborazioni con brand di moda urban. In un ambiente digitale in cui l’attenzione è moneta, questi influencer hanno imparato a giocare (e bene) con le regole dell’algoritmo: montaggi serrati, musiche catchy e immagini forti. Il lusso e le “vite perfette” perdono così l’esclusiva dell’esibizione digitale. La povertà non è più celata, anzi esibita e trasformata in elemento identitario e narrativo.
Vinicius Moffati
Una via per l’emancipazione
Dietro a questo fenomeno c’è però un contesto socio-culturale complesso: in molte aree geografiche la mancanza di opportunità lavorative e il conseguente tasso di disoccupazione giovanile, che fa spesso il paio con un limitato accesso all’istruzione, fanno sì che i social rappresentino una scorciatoia per ottenere grande visibilità e, di conseguenza, anche una potenziale emancipazione. Per ogni motociclista, in ogni luogo, la moto è (anche) simbolo di libertà e talvolta fuga da una realtà. Realtà che può tradursi come semplice “routine”, ma in certi casi può invece manifestarsi in maniera soffocante. Chi non ha avuto la buona sorte di nascere e crescere in un contesto florido di opportunità, trova nel proprio corpo - esibito con fierezza - l’unico capitale da mettere in gioco.
Il profilo Instagram della "grauzeiras" Bruna Nunes vanta 683.000 follower (maggio 2025)
I rischi dello “scrolling”
Non mancano tuttavia le critiche. Non serve neppure scomodare esperti di sicurezza stradale o massmedia, per evidenziare il rischio sull’imitazione di comportamenti pericolosi. Specie da parte dei principali fruitori delle piattaforme, ragazzi di giovane età. Perpetuazione di stereotipi e una tendenza a romanticizzare la marginalità sociale sono il condimento amaro di questo fenomeno. Se un dibattito c’è, tocca corde profonde:
Dove finisce la libertà creativa e dove inizia il marketing dell’estremo?
Si tratta di emancipazione dal basso o di un nuovo tipo di sfruttamento algoritmico?
Scomodare anche l’etica di una visibilità costruita sul binomio rischio-povertà è questione secondaria, che diventa esercizio da salotto e non porta a nulla di concreto. Le domande concrete sono:
C’è spazio per una contro-narrativa altrettanto efficace, che coinvolga i professionisti delle discipline freestyle?
I brand di abbigliamento tecnico, potrebbero sfruttare positivamente questo trend e farsi promotori di iniziative che riportino al centro la sicurezza, lo spettacolo e il divertimento?
Quanto durerà l’“hype” attorno a questo fenomeno è tutto da scoprire. Ciò che fa riflettere, è che in un mondo dove tutto è potenziale “contenuto”, anche la vita al limite diventa un prodotto ben spendibile. Forse proprio per questo - soprattutto oggi - servirebbe coltivare uno sguardo critico su ciò che consumiamo, spesso ingenuamente, via social. In fin dei conti il massimo rischio per l’utente, è la lussazione di un pollice causata da un semplice scroll...
Foto e immagini
- Accedi o registrati per commentare
- Accedi o registrati per commentare
- Accedi o registrati per commentare