Ed “Big Daddy” Roth: ascesa, scomparsa e rinascita dell’uomo che inventò la Kustom Kulture
Edward Roth è una figura apicale della Kustom Kulture americana: artista, cartoonist, illustratore, pinstriper e pioniere nel design di hot rod e trike. La sua storia incrocia arte pop, merchandising e controcultura giovanile degli Anni 50 e 60.
Nato a Beverly Hills e cresciuto a Bell (California), Roth coltivò sin da giovane la passione per i motori e il disegno, frequentando la Bell High School nei cui programmi erano previsti corsi di arte e meccanica. Si iscrisse in seguito al college, studiando ingegneria, per poi prestare servizio nell’US Air Force. Proprio in questa fase della sua giovane vita, iniziò a sperimentare con la modellazione delle resine e la decorazione.
Ed "Big Daddy" Roth in uno scatto risalente agli Anni 60
Fu certamente tra i primi a intuire il potenziale commerciale del custom: nel 1958 insieme a "The Baron" e al nipote Tom Kelley avviò a Lynwood, in Louisiana, un primo negozio battezzato Crazy Painters. Già l'anno seguente, aprì le porte di un nuovo "shop" dall'anima del tutto personale: il ben presto celebre Roth Studios di Maywood, Los Angeles! Qui iniziò a vendere t-shirt con grafiche originali – le celebri “weirdo shirts” già pubblicizzate sulla rivista Car Craft – tramite un sistema di mail-order che presto fece il giro degli Stati Uniti e lo rese una star tra i giovani appassionati di automobili.
Roth Studios, 1959
Sopra, due grafiche delle mitiche Weirdo Shirts
Rat Fink e il successo
La sua arte è caratterizzata da caricature grottesche e visionarie, la più celebre delle quali è Rat Fink: topo ribelle e anti-eroe rispetto ai classici personaggi da cartone animato, protagonista di magliette, poster e modellini che diventarono simbolo dell’estetica hot rod.
Ed Roth posa con la sua creatura di maggior successo: Rat Fink
Parallelamente, Roth non si limitò alle grafiche, ma progettò auto customizzate dal design radicale che ridefinirono il concetto stesso di hot rod. La prima fu l’Outlaw (1959), un veicolo con carrozzeria in fibra di vetro progettata da zero per stupire a spettacoli e saloni; seguirono modelli sempre più audaci, come il futuristico Beatnik Bandit (1961) con canopy trasparente e volante-joystick, e altre creazioni surreali come Mysterion, Orbitron e Surfite.
Outlaw, 1959
Beatnik Bandit, 1961
Le auto custom e i personaggi di Roth divennero così popolari che Revell - una delle principali aziende di modellismo - iniziò a produrne versioni in scala consolidando la sua fama (ma anche il suo portafogli) tra i collezionisti di modellini.

Surf Fink, uno dei "mostri" di Ed Roth commercializzati da Revell
In questo fermento di attività collaterali, i suoi Roth Studios crebbero anno dopo anno imbarcando nuovi artisti a supporto: Ed "Newt" Newton, Don "Monty" Monteverde (primo sviluppatore di Rat-Fink), Robert Williams, fino al giovanissimo Mike "Fass Mikey" Vils. In questo profluvio di soprannomi, non fece eccezione neppure il "capobanda" Roth, definito da un collega pubblicitario "Big Daddy" per via della sua stazza imponente.
Durante questa fase, l'ascesa al successo fu di tale portata, che il Roth Studios dovette abbandonare la decorazione manuale dei capi, per passare alla stampa serigrafica.
Due ruote e controcultura
Intorno alla metà degli Anni 60, Roth virò verso il mondo delle chopper e delle motociclette custom acquistando all'asta cinque Harley-Davidson Panhead che furono della polizia di Los Angeles: costruì trike innovativi e iniziò a pubblicare riviste dedicate, tra cui Choppers Magazine (1968–1970), una delle prime pubblicazioni interamente dedicate alle moto custom.
Il trike Chung creato da Big Daddy
Al's Soul Machine: sulla copertina di Chopper Magazine di gennaio 1970 viene pubblicato per la prima volta un protagonista nero
"Dingy Diane" posa con il suo trike tra le stesse pagine di Chopper Magazine (gennaio 1970)
Questo nuovo corso non fu privo di tensioni: la sua associazione con membri di club come gli Hells Angels di Berdoo e la scelta di inserire immagini e merchandising legati ai biker portò alla rottura con Revell e al rifiuto delle riviste mainstream di ospitare le sue pubblicità. Una censura reputazionale che impattò sui conti del Roth Studios. A stringere definitivamente la morsa, fu da ultimo un "contenzioso" con alcuni Hells Angels, i quali accusarono Roth di arricchirsi, destinando ai bikers soltanto le briciole.
Il poster a tema Hells Angels raffigurante Beautiful Buzzard, da uno scatto di Ed Roth
La questione degenerò in uno scontro vero e proprio presso il Roth Studios al termine del quale, Big Daddy, decise di bruciare nel retrobottega tutto il merchandising legato alle due ruote e dire addio a quello stile d'arte, ma soprattutto di vita. Furono queste vicissitudini a decretare la chiusura del Roth Stuidos nel 1970.
Conversione e ultimi anni
Dopo la chiusura della sua attività principale, Roth lavorò come artista freelance e pittore di insegne a Knott’s Berry Farm e presso il Cars of the Stars and Planes of Fame Musem, prima di trasferirsi nello Utah e avvicinarsi alla fede religiosa nel 1974, aderendo alla Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. Un cambio di registro drastico, che fu in realtà un ritorno alle sue origini mormoni e che non dovrebbe stupire troppo, considerato il fatto (poco noto) che molti dei protagonisti della scena Kustom Kulture avessero quelle stesse radici culturali, per quanto la pratica quotidiana ne contraddicesse i precetti. Una curiosità che riguarda altri grandi nomi del panorama: su tutti Kenny "Von Dutch" Howard e Jeff Decker.
Uno degli ultimi reperti raffigura Big Daddy con Paul Conroy (musicista australiano) a casa di Roth, in San Feliciano Drive a La Mirada, California (1987)
Nel corso degli Anni 80 e 90, il suo ruolo di precursore della Kustom Kulture - come fu definito a posteriori il movimento - fu riscoperto e celebrato da mostre e reunion dedicate.
Ed "Bid Daddy" Roth morì nel 2001 all'età di 69 anni, in seguito a un attacco cardiaco. Tuttavia la sua eredità – tra personaggi memorabili, auto e moto bizzarre, modellini cult e un’estetica davvero peculiare – continua a incidere nel design automobilistico, nella cultura DIY e nella scena custom mondiale.
Crediti foto: The Vintagent Archive
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