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L'aerodinamica della MotoGP tra alettoni e carene: come funziona

Si fa presto a dire che ali e carene generano carico aerodinamico e che avere più carico aiuta a tenere la moto “schiacciata” a terra, ma quali sono i principi alla base di questo “miracolo”? E come li interpretano le varie case? Scopriamolo insieme

Lo sviluppo aerodinamico in MotoGP è diventato fondamentale per raggiungere buoni risultati. Se poco più di una decina di anni fa erano ri-comparse le prime alette sui prototipi e venivano viste con scetticismo, oggi tutte le case sono impegnate a sviluppare soluzioni innovative per sfruttare al meglio il carico aerodinamico, fino ad arrivare a carene dal cosiddetto “effetto suolo”.

 

Il funzionamento

La portanza, in fisica, è la spinta che un oggetto riceve per la differenza di pressione tra la superficie superiore e quella inferiore. Prendendo il caso di un'ala, se la pressione è minore sulla parte superiore (perché l'aria transita più rapidamente), avremo un effetto di portanza, cioè l'ala tenderà a galleggiare, mentre nel caso contrario avremo una spinta verso il basso (deportanza). Il primo caso è quello tipicamente applicato in campo aeronautico, il secondo nel motorsport. Un alettone – semplificando il concetto- non è infatti nient'altro che un'ala “girata al contrario”: l'aria scorre più rapidamente nella parte inferiore, perché su quella superiore il profilo ha uno o più rialzi che rallentano il flusso, generando un carico più o meno importante verso il basso per aumentare l’aderenza.

La storia

Se nel motorsport a quattro ruote lo sviluppo dell'aerodinamica legata agli alettoni affonda le proprie radici fin negli anni '60, nel motociclismo la sistematica applicazione di questo strumento è cominciata meno di dieci anni fa. A metà anni '50 comparvero le prime carene, nel 1972 MV Agusta provò le alette a lato del cupolino. Tentativi sporadici furono ripresi da vari costruttori nei decenni successivi: nel 2010 e 2011 tanto Casey Stoner quanto Valentino Rossi videro montare piccoli condotti e alette sulle proprie Desmosedici. L'australiano era più incline all'utilizzo, il Dottore invece le scartò subito, dato che la GP11 aveva già notevoli problemi di inserimento in curva pur senza ali.

Con l'arrivo di Gigi Dall'Igna a Borgo Panigale, l'aerodinamica venne sviluppata su larga scala. Nel 2015 furono introdotte le prime ali, nel 2016 tutta la moto venne realizzata in funzione di un determinato bilanciamento aerodinamico. Dal triplano in poi Ducati ha continuato a spingere moltissimo sull'aerodinamica, e grazie agli ottimi risultati ottenuti tutti i costruttori si sono dovuti adeguare. Oggi ci sono case come KTM che si affidano alla struttura della Red Bull di F1 per sviluppare l'aerodinamica, mentre Aprilia si è portata al passo dei cugini bolognesi ed è stata capace di introdurre importanti novità, come la carena con lo scalino, il bulbo di prua dietro la ruota anteriore o l'alettone posteriore.

 

Le principali applicazioni

L'aerodinamica in MotoGP ha diversi scopi: quella che è stata perseguito più a lungo è migliorare la penetrazione aerodinamica attraverso l’introduzione e lo sviluppo delle carene. Un altro scopo è convogliare l'aria per raffreddare il motore. Solo di recente abbiamo invece visto ali e carene a effetto suolo con l’obiettivo di aumentare l’aderenza delle gomme tramite la deportanza.

Le norme

Per regolamento le case che corrono in MotoGP hanno sviluppi contingentati dei propri pacchetti aerodinamici: una scelta dettata dall'esigenza di contenere i costi della ricerca, anche se gli effetti della norma non sembrano essere così efficaci in questo senso. Ogni casa può presentare nel corso dell'anno due pacchetti aerodinamici, che possono essere usati alternativamente una volta omologati. Ci sono inoltre degli ingombri e delle rigidezze che vanno rispettate nella produzione dei kit.

 

Le ali

A oggi sono ancora lo strumento più utilizzato e generalmente vengono collocate in due punti principali: a lato del cupolino e nella parte inferiore e mediana della carena, ai lati del radiatore. Ma poi sono comparse delle ali anche sul codone posteriore, anche se quasi nessun costruttore le utilizza se non sporadicamente. Le ali sulla coda non vanno confuse con lo stegosauro, nomignolo attribuito alla soluzione proposta da Ducati come una successione di pinne verticali, il cui scopo sembra essere quello di indirizzare il flusso d'aria, piuttosto che generare carico. Aprilia ha anche sperimentato delle piccole alette montate sulla forcella anteriore.

Le carene a effetto suolo

Si tratta di soluzioni che sfruttano sempre il medesimo concetto della differenza di pressione. La carena è “bucata”, o si presenta come un insieme di due “fogli” di materiale composito al cui interno si incanala il flusso d'aria che, scorrendo più lentamente all'interno, a moto inclinata crea un effetto di deportanza. Questo carico può essere sfruttato in curva, dove c'è maggiore richiesta di contrastare la deriva della moto. Una soluzione differente riguarda invece la carena con lo scalino nella parte mediana – sostanzialmente all'altezza del ginocchio del pilota-, vista a più riprese su Aprilia e KTM.

 

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