Le 5 superbike che hanno segnato gli anni 90 (e fanno ancora sognare)

Le superbike vennero alla luce negli anni 90 del secolo scorso. Non è un caso: quel decennio è stato magico per il settore che, dopo la grande crescita tecnologica degli anni Ottanta, arrivò a concretizzarla con moto che hanno fatto la storia. Ecco cinque modelli che hanno segnato quell'epoca e oggi sono a tutti gli effetti mezzi da collezione.

 

Quando tutte le superbike giapponesi si fermavano a 750 cm_³ di cilindrata e le versioni da 1000 erano pesanti e impacciate nella guida sportiva, Honda e l’ingegner Tadao Baba furono i primi, nel 1992, a concepire una moto con un motore da 893 cm_³ su un "corpo" con le dimensioni di una 750. La Fireblade fu un successo mondiale. Fisicamente più piccola e molto più agile dei modelli sportivi di maggiore cilindrata, era dotata di un quattro cilindri super reattivo. La CBR900RR Fireblade ridefinì le qualità che una supersportiva ad altissime prestazioni doveva essere in grado di fare: spostava il focus dalla potenza assoluta e dalla velocità in rettilineo, alla efficacia di guida intesa come reattività e maneggevolezza. In pratica, si guidava come una 600 ma aveva la potenza di una 1000. La prima Fireblade montava un 4 cilindri in linea a carburatori da 124 CV a 10mila giri e un insolito cerchio anteriore da 16 pollici che resistette fino al 2000. Un buon esemplare si può trovare a 6/7.000 euro.
 

Prodotta dal 1994 al 1998, la 916 è la figlia prediletta del grande Massimo Tamburini, allora direttore del Centro Ricerche Cagiva, gruppo proprietario della casa bolognese. Fu presentata al Salone di Milano nell'ottobre del 1993, conquistando i visitatori che le attribuirono il premio di Moto dell'Anno. La 916 nacque per proseguire i successi delle 851/888 nel campionato mondiale Superbike; all’inizio era disponibile in due versioni, 916 Strada e 916 SP (Sport Production), entrambe accomunate da una posizione di guida perfetta per la pista ma scomoda per la strada, dal forcellone monobraccio per cambi rapidi del cerchio, dagli scarichi sottosella e dal doppio faro anteriore. La linea era così riuscita che rimase immutata in 8 anni, anche nelle successive 996 e 998. Tecnicamente, il bicilindrico di 916 cm³, con distribuzione desmodromica, erogava 114 CV a 9000 giri e il peso si attestava sui 198 kg. Il telaio era un traliccio di tubi in acciaio da 28 mm di diametro, la forcella una Showa da 43 mm e si poteva regolare l'inclinazione dell'angolo di sterzo tra i 23,5° e i 24,5°. È già un classico che si trova a circa 10.000 euro.

Fu prodotta dal 1996 al 2003, in versione stradale biposto e monoposto da pista (ZX-7RR) dotata di un diverso impianto frenante, ciclistica più raffinata e motore rivisto. È la prova che una moto non deve essere la più nuova, la più leggera e la più potente per essere amata; infatti, ebbe successo nonostante il peso non proprio contenuto (228 kg in ordine di marcia) e la potenza del suo quattro cilindri in linea non ai vertici (ma quasi: 126 CV a 11.200 giri). La ZX-7R piaceva perché non era estrema ma sapeva dare molte soddisfazioni sia in pista sia su strada. Tanto che la superbike della Casa di Akashi è rimasta quasi immutata fino alla sua uscita dal listino. Bellissimo il telaio, un doppia trave perimetrale in alluminio pressofuso.

Lanciata già nel 1985, la GSX-R 750 ha conosciuto svariati aggiornamenti: dalla versione con motore con raffreddamento misto ad aria e olio da 106  CV di potenza e un peso a secco di 179 kg, si passò, con varie tappe (il raffreddamento a liquido arrivò nel 1992), a quella di cui vogliamo parlare è il my 1996. Era molto più leggera della versione precedente, montava un telaio perimetrale e un motore compattissimo. Sfoggiava un rapporto peso/potenza incredibile per l’epoca: 118 CV per 179 kg un sogno per gli smanettoni, mentre le quote ciclistiche riprendevano quelle della RGV 500 di Kevin Schwantz. Certo, la GSX-R750 del 1996 era scorbutica e difficile da trattare, specie con le gomme di allora, ma seppe distinguersi in molte competizioni. Oggi la sua linea appare invecchiata e un po' pesante, con il codone che sembra troppo grande (rispondeva però a precise esigenze aerodinamiche), ma le emozioni sono sempre le stesse. Un buon esemplare si trova a 4.000 euro.

Presentata in anteprima a Eicma 1997, la R1 fu la prima superbike con motore da un litro con caratteristiche davvero estreme, raccogliendo, con sei anni di ritardo, la sfida lanciata da Honda con la Fireblade. La prima versione del 1998 montava un quattro cilindri a carburatori da 139 CV a 10000 giri/min con 5 valvole per cilindro e un interasse cortissimo, solo 1395 mm. La ciclistica vedeva un telaio che era un'evoluzione del Deltabox delle precedenti FZR 1000 e una forcella da 41 mm di diametro. La R1 era anche molto leggera: 177 kg a secco. Forse anche per questo e per la botta di potenza ai medi che aveva, la Yamaha R1 diventava molto difficile da spremere a fondo, ma ha segnato è anche chiuso l'epoca delle maxi anni 90. Un buon esemplare si trova sui 6.000 euro.