Salta al contenuto principale

Kawasaki GPZ 900 RR by Sanctuary, special alla giapponese

Oggi vi parliamo di una preparazione radicale: questa bella Kawasaki GPZ 900R sembra originale, invece è stata sottoposta a una profonda elaborazione utilizzando pezzi specifici realizzati da specialisti giapponesi. Il risultato è sbalorditivo, per i dettagli curatissimi, ma anche portata in pista la vecchia Ninja si rivela sorprendente

Un lavoro radicale

Oggi è il primo giorno di apertura della fiera di Verona (qui tutte le info), chi ci andrà potrà lustrarsi gli occhi con le migliori special italiane e internazionali, per questo oggi abbiamo deciso di iniziare la giornata proponendovi una special che avrebbe un posto d'onore al Motor Bike Expo. Si tratta di iuna classica Kawasaki GPZ 900R, un'icona delle sportive anni ’80, provata dopo la  special su base Kawasaki ZRX 1200R di qualche tempo fa (qui il test). Stesso “teatro”, il circuito di San Martino del Lago, stessa emozione nel portare in pista un “mito” di trent’anni fa, reso attuale grazie all’impegno del proprietario e all’esperienza dei titolari della “solita” officina specializzata di Milano, Motoup che ha saputo rendere unica questa special ricca di parti “aftermarket” di assoluto pregio, per la maggior parte arrivate direttamente dal Giappone. Motore e ciclistica della bella GPZ hanno poco a che vedere con quelle della moto originale: una “mandria” di cavalli imbrigliati in una ciclistica rinforzata, gestiti da sospensioni a punto e frenati da un impianto all’altezza della situazione. “Old style” la colorazione, con l’immancabile verde acido e il grigio che ricorda l’alluminio grezzo, sempre presente sulle “verdone” da corsa degli anni 80. Immancabile la tabella porta numero sul cupolino e la sella con lo scalino (una Cozy della Daytona).



Motore giapponese

Il motore di questa GPZ è stato sostituito con un'unità fornita dagli specialisti di AC-Sanctuary, factory giapponese, creatrice di “gioielli” su base Kawasaki tutte rigorosamente anni ’80 (Z 900, Z 1000, Z1 1000 ecc.), che per il lavoro si sono affidati ai motoristi della Trading Garage Nakagawa (tg-nakagawa.co.jp), preparatori “ufficiali” della AC-SAnctuary. Per la GPZ sono disponibili cinque step di elaborazione, via via più spinti. La scelta è caduta sullo step tre, con incremento della cilindrata fino a 1.050 cm3 grazie a pistoni maggiorati della Wiseco dal diametro di 78 mm, nuovi alberi a camme, nuova catena di distribuzione e una batteria di carburatori Mikuni Yoshimura TMR-MJN da 38 mm in magnesio, performanti e belli da togliere il fiato, così come lo scarico quattro in uno della Nitro Racing, completamente in titanio.



Ci sono 130 CV alla ruota!

Nuovo anche il cambio, rinforzato per poter sopportare le forti sollecitazioni date dai 130 CV (!) disponibili alla ruota. Sostituiti anche i radiatori di acqua e olio. Importanti gli  interventi sulla ciclistica: al telaio originale è stata aggiunta una culla inferiore rinforzata mentre il forcellone è stato sostituito con un pezzo in alluminio con capriata di rinforzo, nuove anche le piastre di sterzo. Tutte queste parti speciali sono state realizzate dalla giapponese Sculpture, anch’essa partner di AC-Sanctuary. Al posto delle (scarse) sospensioni originali troviamo delle Öhlins: forcella “tradizionale” con steli da 43 mm e mono regolabile al posteriore. Della Brembo l’impianto frenante: pompe radiali RCS per freno e frizione mentre i dischi, da 300 mm all’anteriore e 250 al posteriore, sono della Sunstar. Completano la dotazione tecnica i cerchi Marchesini in alluminio forgiato.



Carattere da vera muscle bike

La posizione di guida è quella tipica delle superbike dell’epoca, con i manubri poco spioventi, quasi dritti e la sella piuttosto bassa, comoda e spaziosa. Il pilota è accolto bene e la sensazione di controllo della moto immediata e rassicurante. Portata tra i cordoli la GPZ dimostra subito di avere poco a che fare con la sua progenitrice, almeno nel “carattere”: il motore è una “bomba”, spinge forte già dai bassi e man mano che i giri aumentano il suono dello scarico, cupo e rauco in partenza, prende le “note alte” trasformandosi in un urlo davvero grintoso. In curva è veloce nello scendere in piega ma non è un fulmine nei rapidi cambi di direzione perché, anche se il peso è sceso parecchio, rimane sopra i 200 kg (contro i 238 della moto di serie).



Stabile sul veloce

Tanta la stabilità e il rigore nel mantenere la traiettoria sul veloce, in uscita di curva si sente il beneficio del robusto forcellone in alluminio e dei cerchi di sezione più generosa (e degli pneumatici “attuali”, i  Michelin Power One) che migliorano la trazione. Non ci sono (chiaramente) gli “aiuti” elettronici, ma il posteriore un po’ “ballerino” nelle staccate al limite e l’avantreno che “galleggia” dando gas in uscita di curva danno al pilota un gusto nella guida davvero unico, roba di altri tempi…              

Leggi altro su:
Aggiungi un commento
Profile picture for user topomoto
topomoto
Ven, 01/18/2013 - 09:35
Ma sta diventanto il sito di motociclismo d'epoca???