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La prima batteria di derivazione alimentare è tutta Made in Italy

Prendete mandorle, capperi, alghe Nori, acqua, vitamina B2, oro alimentare, cera d’api e un pizzico di carbone attivo et voilà: la batteria ricaricabile di derivazione alimentare è assemblata. Sembra fantascienza eppure, questa tecnologia sta facendo passi da gigante

Batterie realizzate da scarti alimentari

Non è uno scherzo, sono gli ingredienti usati dall’IIT-Istituto Italiano di Tecnologia, per sviluppare il primo accumulatore commestibile, realizzato anche grazie ai finanziamenti messi a disposizione dall’European Research Council. Ecco compiuto un nuovo passo avanti nella ricerca di nuove formule di energia, che non solo porta la firma italiana, ma sta scatenando molta curiosità e potrebbe essere quel nuovo contributo, che secondo le stime dell’osservatorio elaborato da Energred, nel settembre 2023, in Europa per i prossimi 27 anni, l’energia derivata da fonti rinnovabili crescerà in maniera esponenziale, più che in altre zone del mondo.

Nella classifica al secondo posto c’è l’Australia con l’80%, seguita dall’India con il 57%, mentre la Cina conquista il 49% e gli Stati Uniti il 36%. Ritorniamo sulla batteria alimentare che si basa su componenti come la riboflavina, nota come vitamina B2, che ha la funzione di anodo, mentre la quercetina contenuta in mandorle e capperi fa da catodo. Il carbone attivo, tra i farmaci da banco più venduti, gioca il ruolo della conducibilità elettrica e l’acqua quello di elettrolita. Mentre le Alghe Nori, che in genere sono impiegate per preparare il sushi, hanno il compito di essere il separatore, elemento indispensabile all’interno di ogni batteria per evitare i cortocircuiti. Nei blocchi di cera d’api sono incapsulati gli elettrodi, cui escono due contatti in oro alimentare, quello impiegato per decorare i dolci.

Ma funziona davvero?

Ora la domanda sorge spontanea: “Funziona?”. Tutti gli ingredienti così assemblati danno vita a una piccola batteria da 0,65 volts, in grado di fornire corrente a 48 microampere di intensità per circa 12 minuti.  Il direttore del Printed and Molecular Electronics Laboratory dell’Iit, Mario Caironi, in una nota spiega: “I potenziali utilizzi futuri includono circuiti e sensori commestibili, in grado di monitorare le condizioni di salute ma anche lo stato di conservazione degli alimenti. Inoltre, dato l'alto livello di sicurezza di queste batterie, queste tecnologie potrebbero essere utilizzate anche nell'ambito dei giocattoli per i bambini più piccoli, dove il rischio di ingestione è elevato. In realtà, già ora stiamo già sviluppando dispositivi con maggiore capacità e dimensioni ridotte”. Altro quesito: “Quanto può durare una batteria degradabile e commestibile?”.

Dall’assemblaggio all’utilizzo sono stati effettuati dei test, che dimostrano che è in grado di fornire energia per oltre 12 cicli di ricarica. Ora, questa speciale ricetta non si andrà a cristallizzare per essere ricordata solo come un innovativo esperimento, il team di ricercatori è attualmente al lavoro per sviluppare ancora il prototipo e ridurlo nelle dimensioni, visto che l’attuale è di circa un centimetro quadrato. Soprattutto, una volta raffinato l’accumulatore, al momento, andrà ad alimentare alcune applicazioni mediche.

 

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