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I pistoni non sono tutti tondi: la storia delle Honda “ovali”

Una scelta tecnica incredibile, resa necessaria dai regolamenti delle gare dell’epoca. La Casa di Tokyo volevo tornare a correre nel Motomondiale classe 500 dominato dalle Suzuki e Yamaha a due tempi, ma il presidente e fondatore Soichro Honda impose che il motore fosse a quattro tempi, nel rispetto della tradizione dell’azienda
Sono passati più di 40 anni da quando Honda sorprese il mondo con la sua moto a pistoni ovali, la NR 500. Una scelta tecnica incredibile, resa necessaria dai regolamenti delle gare dell’epoca. La Casa di Tokyo volevo tornare a correre nel Motomondiale (NR era l’acronimo di “New Racing”) classe 500 dominato dalle Suzuki e Yamaha a due tempi, ma il presidente e fondatore Soichro Honda impose che il motore fosse a quattro tempi, nel rispetto della tradizione dell’azienda.

Regimi elevati
Per ottenere prestazioni comparabili era necessario raggiungere regimi molto elevati e avere una grande sezione di passaggio dei condotti. Sarebbe servito un otto cilindri ma già dal 1970 il regolamento tecnico imponeva un massimo di quattro, motivo per cui gli ingegneri giapponesi si inventarono questa soluzione curiosa: i pistoni cosiddetti ovali (ma in realtà il cielo era costituito da due semicerchi uniti da due tratti rettilinei) garantivano molto più spazio per le valvole di aspirazione e scarico, e ognuno di essi ne aveva otto, inclinate di 45°. Ogni pistone aveva due bielle, il motore aveva un’architettura a V, di 100° nella prima versione, che sarebbe diventata di 90° in quella del 1981. Era dotato di doppia accensione e alimentazione con quattro carburatori a doppio corpo.

Ecco come era fatto il pistone ovale

Moto rivoluzionaria
Nel mese di aprile 1979 il motore fu messo al banco, in maggio la moto completa scese in pista per la prima volta  a Yatabe. Era rivoluzionaria anche la ciclistica: la carenatura era parte integrante del telaio, in pratica un tunnel nel quale il motore veniva inserito; il cupolino era separato e i radiatori del liquido di raffreddamento erano ai due lati, a sfioramento. Ruote componibili Comstar di 16” e forcella con ammortizzatori esterni. Il motore aveva un centinaio di cavalli a 16.000 giri/minuto, pochi rispetto alle Suzuki RG e alle Yamaha TZ, per giunta era molto difficile da avviare a spinta un grosso problema visto che all’epoca in gara si partiva in gara.



Debutto in Inghilterra
Ci furono altri test e il 12 agosto 1979 il debutto ufficiale nel Gran Premio d’Inghilterra a Silverstone con Mick Grant e Takazumi Katayama. In prova giravano a diversi secondi degli altri, in gara il britannico cadde alla prima curva e la moto prese fuoco, mentre il giapponese si ritirò al terzo giro. Nella gara successiva, il Gran Premio di Francia, entrambi non si qualificarono.
Era la versione 0X e l’anno successivo, il 1980, arrivò la 1X con un nuovo telaio decisamente tradizionale in tubi a doppia culla aperta, ruote da 18” e un sistema anti saltellamento applicato alla frizione. Nel 1981 fu la volta della versione 2X con i cilindri a 90° e nel 1982, con l’inclinazione delle valvole ridotta a 29°, il motore arrivò a 135 CV, ma i risultati continuavano a mancare e già in quest’ultimo anno Katayama alternò la NR e la più competitiva NS 3 cilindri a 2 tempi. Fu l’ultima stagione di corse della NR 500.

Anche a Le Mans e poi stradale
Una Honda a pistoni ovali di 750 cm³ venne schierata nelle 24 ore di Le Mans nel 1987; il motore quattro cilindri a V aveva le bancate inclinate di 85° e una potenza di 155 CV, la moto viaggiava in terza posizione ma fu costretta al ritiro. Da questa base venne poi sviluppata la NR 750, moto stradale costruita in pochi esemplari prestigiosi e costosissimi: il motore quattro cilindri a V di 90° aveva i pistoni ovali e una potenza di 125 CV a 14.000 giri/minuto e il prezzo era di 100 milioni di lire. Una vetrina tecnologica e prestigiosissima a beneficio dei collezionisti.

La NR 750 stradale costava 100 milioni di lire nel 1989
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