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Uccio: le gag di Valentino Rossi? Ecco chi le pensava e come le realizzavamo

MotoGP news – Il pesarese è diventato leggenda per i suoi successi, ma anche per il modo di festeggiarli... Qualche giorno fa, il suo braccio destro Alessio “Uccio” Salucci ha raccontato come venivano pensate e messe in scena tutte le gag

Carismatico oltre che talentuoso
Dopo Giacomo Agostini e Angel Nieto, per numero di successi iridati c’è Valentino Rossi, capace di conquistare nove titoli nelle quattro classi: 125, 250, 500 e MotoGP. Insieme al grande talento, il pesarese ha sempre avuto carisma e fantasia che l'hanno aiutato a creare il proprio personaggio fuori e dentro la pista. Emblematico il modo di festeggiare i titoli e i GP vinti con delle scenette (qui ne raccontiamo alcune delle più famose) ideate insieme al suo braccio destro Alessio “Uccio” Salucci che di recente ha raccontato come venivano create queste gag.

"Lo facevano sentire bene"
Intervistato da Sky Sport, il pesarese ha raccontato: "Le scenette sono sempre state delle sciocchezze... ma non del tutto. Hanno aiutato Vale a rilassarsi, perché ricordiamoci che era molto giovane quando iniziò a vincere i primi Mondiali. Era una situazione dura, soprattutto nei primi anni della 500 e della MotoGP, quando era già una superstar, ma aveva solo 22-23 anni e riportare sui circuiti anche l'atmosfera di Tavullia, la serenità delle cose fatte in casa lo faceva sentire bene”.

E lo stesso Valentino si preoccupava che tutto fosse pronto: “Mi chiedeva sempre, prima di andare a dormire, se erano pronte le gag, se tutti sapevano quale fosse il loro posto, se erano arrivate le magliette commemorative… E io gli dicevo di stare calmo, di andare a dormire perché il giorno dopo avremmo gareggiato nel mondiale! Era sempre molto attento a questi dettagli”.

"Il concetto era sempre ironizzare"
Si trattava di gag sempre divertenti, che poi ovviamente negli anni si sono evolute: “Dalla bambola gonfiabile del Mugello ai birilli, è normale e importante perché prendersi in giro, giocare a 30 anni è diverso da quando lo si fa a 17. Ma il concetto era sempre lo stesso: essere sempre un po’ stupidi, ironizzare, scherzare”. Le scenette erano pianificate, ma c’era anche tanto istinto: “Direi che c’era un 30% di ragionamento e un 70% di spontaneità. Ricordo che ci riunivamo sempre tutti insieme al Fan Club per studiare le gag. Le idee erano sempre di mio padre o di Flavio Frattesi, eravamo preoccupati perché erano proprio due idioti e così avevamo deciso che era meglio incontrarci per parlarne, farci spiegare cosa volevano fare. In pratica eravamo noi piccoli a dover tenere a bada gli adulti...”.

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