Salta al contenuto principale

Suzuki RG: anche nel motomondiale la classe operaia va in paradiso

La due tempi di Hamamatsu vince il primo titolo nel 1976 con Barry Sheene e diventa l'arma perfetta in mano ai team privati: un motore potente e i quattro cilindri in quadrato sono le sue caratteristiche distintive. Il team Gallina riporta al successo la RG dopo i trionfi di Kenny Roberts: Lucchinelli, Uncini e Virginio Ferrari incarnano alla perfezione la new wave italiana
Se la Yamaha YZR 500 è stata la prima iridata in classe regina con motore 2 tempi, è della Suzuki il merito di avere “democratizzato” la top class, permettendo anche ai privati di correre al massimo livello, e ai team non diretta emanazione di una casa ufficiale di vincere gare e titoli mondiali, acquistando le moto dal costruttore. La RG è stata un'arma perfetta per almeno un lustro, e oggi ripercorriamo la sua storia con il nostro Guido Sassi.

Un anno irripetibile
La RG debutta nel mondiale con la sigla XR-14 nel 1974 e per i primi due anni corre solo sotto le insegne del factory team, ma nel 1976 la MK1 viene venduta ai piloti privati. È un dominio: 8 successi nelle 10 gare valide per il titolo (il Tourist Trophy però non fa testo, boicottato dai principali piloti del mondiale). L'unico a riuscire nell'impresa di battere la RG è Giacomo Agostini, che all'ultima gara dell'anno centra la vittoria con la vecchia MV Agusta, eppure anche il 15 volte campione del mondo al gp delle Nazioni si era presentato con una Suzuki, centrando la pole e comandando la gara fino al ritiro. A fine anno le RG occupano 13 delle prime 15 posizioni della classifica iridata.

Uguale ma diversa
La cifra distintiva della RG sono i 4 cilindri disposti in quadrato: una scelta che non solo permette di realizzare una moto con la sezione frontale di un bicilindrico, ma che lascia disporre i quattro dischi rotanti lateralmente. Le teste sono singole, il motore originariamente è un superquadro (56x50), ma dal 1976 le misure di alesaggio per corsa diventano 54x54 (inizialmente solo per Sheene), come la Yamaha YZR. La corsa più lunga permette di avere luci più grandi, aumentando prestazioni e affidabilità. Gli alberi a gomiti girano in avanti e sono quattro, con i cilindri raggruppati in un unico basamento. La nuova RG sviluppa ben 114 cavalli a 11.000 giri (contro i 90-100 delle precedenti), il peso di 132 kg è in linea con gli avversari più quotati. Il telaio è a culla, in tubi di acciaio, la ciclistica evolve e gli ammortizzatori posteriori vengono inclinati, garantendo una maggiore possibilità di regolazioni. Solo nel 1980 la RGB guadagnerà il mono ammortizzatore.

Evoluzione costante
Nel corso degli anni successivi la RG riceve piccoli aggiornamenti e la potenza cresce fino ai circa 130 cavalli a 11.000 giri della XR35 nel 1981. Ma è grazie al team Gallina che Suzuki riesce a prolungare la storia vincente della propria RG. Nel 1978 il team sponsorizzato Nava e Olio Fiat instaura un rapporto strettissimo con Hamamatsu, che solo l'importatore inglese riesce a mantenere sullo stesso piano, gestendo le moto ufficiali. Nel 1979 la squadra di Ceparana riesce a portare un proprio pilota vicinissimo alla conquista del titolo: Virginio Ferrari si classifica secondo e almeno fino a metà campionato è in grado di contestare il successo al già due volte iridato Kenny Roberts. Gallina non perde l'occhio del pilota, a cui aggiunge talvolta l'intuizione del progettista (come nell'insistere con Michelin per avere una gomma anteriore da 16”) e il realismo del manager con cui riesce a fare quadrare i conti. È solo così che il piccolo team spezzino riesce a battere i grandi del motomondiale.

Un biennio incredibile
Il 1981 segna finalmente il ritorno al successo iridato della Suzuki nel mondiale piloti. Il team Gallina porta Marco Lucchinelli a vincere ben 5 gare delle 11 in programma, e l'anno successivo arriva il bis con Franco Uncini, nonostante il passaggio di Cavallo Pazzo alla Honda. Anche per il pilota marchigiano ci sono 5 successi e un campionato conquistato senza affanni già in Svezia, nonostante il ritiro al terz'ultimo appuntamento.
La Suzuki conquista consecutivamente anche il settimo e ultimo titolo costruttori della sua storia: da allora il costruttore giapponese non ha più vinto il campionato riservato alle case, nemmeno negli anni dei successi di Schwantz e Roberts jr, così come in questo 2020. Non solo, la Suzuki dall'inizio degli anni '80 ha rinnegato completamente la politica delle moto affidate ai team privati, che tanto successo le hanno garantito, rimanendo ancora oggi l'unico costruttore giapponese con soli due prototipi in griglia. Un punto così alto nella storia del marchio non è più stato raggiunto, se non sporadicamente, con Yamaha e Honda a spartirsi quasi sempre il bottino negli anni '80 e '90. La moto simbolo del ventennio è la NSR: 10 mondiali in 18 stagioni, ma la conosceremo nella prossima puntata.
Aggiungi un commento