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Stoner, intervista choc: "Quando arrivava il giorno della gara, avrei voluto morire"

Il campione australiano si racconta in un podcast e ammette le proprie sofferenze: "Non c'era gioia nelle mie vittorie, per me la pressione era troppa. Negli ultimi anni ho capito che potevo fare solo quello che mi sentivo, e nulla di più"
Che per Casey Stoner la MotoGP sia stata a tratti un calvario è cosa nota, ma mai come in questa occasione il campionissimo australiano ha espresso parole pesantissime per definire il proprio stato d'animo, negli anni in cui correva. La rivelazione è avvenuta nel corso di un podcast australiano insieme a Jason Macalpine, di gipsy-tales.com.

Un profondo malessere
Il podcast (che dura la bellezza di 4 ore!) è stato registrato dopo una giornata trascorsa insieme sui campi da golf e nonostante l'apparente atmosfera rilassata dell'incontro, nella sua completezza non è apparso a noi meno crudo che la sola parte estrapolata da alcuni siti.
Casey parte dal suo difficile rapporto con i media e il pubblico per descrivere la sua intollerabile condizione psicologica, che non gli permetteva di reagire alla vita da pilota come facevano le persone intorno a lui. Ammette che tutto era incomprensibile al tempo: “Io non so, o non mi rendevo conto, del perché certe cose risultavano più difficili, ma non mi sono mai, mai sentito a mio agio (…) perfino la mia schiena si bloccava e non sapevo perché (...) Nei giorni di gara, per lo meno fino ai due ultimi anni in MotoGP, erano così: tanto meglio andavano i miei weekend, tanto più avrei desiderato morire. Mi svegliavo a pezzi, sul pavimento del motorhome, come un cane malato, lo stomaco sottosopra. Non volevo proprio correre. Non mi sarei potuto sentire peggio. Sentivo la pressione dal team, la sentivo da chiunque fosse intorno o mi avesse mai aiutato, e in una squadra c'erano qualcosa come settanta, cento persone. Ed era una pressione più forte perché ero il pilota numero uno e tutti quanti si aspettavano che io avrei vinto”.

Il tempo aiuta a capire
Andando avanti con il podcast, Casey parla di come è riuscito a comprendere quello che gli stava succedendo. “Non ho mai capito davvero perché mi sentissi così fino a quando non ho smesso di correre (…) ho capito infine che puoi fare quello che riesci a fare, e niente di più. Che per me significava: posso andare là fuori e dare il meglio di me stesso, ma non di più (…) Come ci siamo detti prima, tutti i piloti in griglia si schierano e vogliono la stessa cosa, ma ognuno ha il suo modo per provare ad arrivarci. E c'è chi vuole che le cose accadano e chi invece fa in modo che queste cose accadano. E per me era così difficile andare a correre: mi costava così tanto che facevo di tutto per raggiungere l'obiettivo di vincere (...) per me non c'era possibilità di rinuncia”. Quindi Stoner ricorda anche di come riusciva a spegnere ogni paura come un bottone e andare "là fuori" per vincere.

Phillip Island
Casey Stoner ha vinto sul circuito di casa per sei anni di fila in MotoGP, un'impresa che lo mette sul piano di Valentino Rossi (sette volte vincitore al Mugello consecutivamente) o Marc Marquez (otto successi in fila al Sachsenring). Ma non c'era gioia in quelle vittorie. “Quando sei sul circuito di casa hai pressione, e se vinci un anno, poi tutti si aspettano che lo fai ancora e avanti così”. Stoner racconta che Phillip Island non è una pista facile e che “sono riuscito a vincere sempre, ma di sicuro non mi divertivo”.
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