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Moto3, Paolo Simoncelli: “La Sic58 Squadra Corse è una famiglia”

Moto3 news – Da due anni Paolo Simoncelli, padre del compianto Marco, è tornato a lavorare nel paddock del Motomondiale, dove fino al 2011 ha accompagnato e sostenuto il “Sic”, con la Sic58 Squadra Corse con cui è iniziato un nuovo capitolo della sua vita. Paolo Simoncelli ha raccontato questa grande esperienza, ha parlato degli obiettivi della stagione e dell’affetto che ancora oggi riceve da parte della gente a ogni Gran Premio
"Tutto il mondo mi ha fatto sentire la propria vicinanza"
Per il secondo anno di fila nella classe minore del Motomondiale è schierata la Sic58 Squadra Corse, un team nato da Paolo Simoncelli che con l’aiuto anche degli sponsor che sostenevano il figlio Marco, dà la possibilità a giovani piloti di correre e mettersi in mostra nel campionato mondiale. Alla Gazzetta dello Sport ha rilasciato un’intervista e ha raccontato com’è nato questo progetto: “Nasce da due motivi. Il primo è perché quel “rompiballe” di Aldo Drudi ha iniziato a tampinarmi dicendomi di fare una squadretta per far correre Mattia Casadei, che ancora oggi fa parte del nostro team. Il secondo è che stare a casa, senza far niente, rende tutto più difficile. Così ho deciso di mettermi in gioco. Con qualche telefonata sono riuscito a fare il primo budget per correre nel CIV, il Campionato Italiano Velocità. Quando faccio le cose mi piace farle bene. Abbiamo fatto un paio di anni nell’italiano PreMoto3 con le piccole Honda 125 e poi siamo passati alla Moto3. Ci siamo consolidati. Il passo successivo per crescere e arrivare al Mondiale era fare il CEV, che era ancora il Campionato Spagnolo: arrivarci era facile, il problema era far capire alla Dorna che stavamo lavorando seriamente. Diciamo che ci siamo fatti apprezzare”. Le grafiche delle moto ricordano quelle di Marco Simoncelli, morto tragicamente nel 2011 durante il Gran Premio di Sepang, e a far parte del progetto sono gli stessi sponsor e il padre Paolo ha detto: “Onestamente gli sponsor storici di Marco mi hanno commosso, perché è bastata una telefonata per avere il loro supporto. Da quelli grandi come San Carlo e Pascucci, a quelli più piccoli”. Non dev’essere facile lavorare nell’ambiente che condivideva con Marco e Paolo ha raccontato: “Arrivare nei circuiti dove hai vissuto momenti belli o anche brutti. Questa è la vera parte difficile: vivere luoghi dove hai ricordi ed emozioni. Vedere le moto in pista è quasi una valvola di sfogo, a volte riesce a non farmi pensare”.
Nel 2017 c’è stato il debutto nel Motomondiale e lo ha rivissuto raccontando: “Siamo arrivati al Mondiale con Tatsuki Suzuki e Tony Arbolino: quest’ultimo è nato praticamente con noi perché ha iniziato a correre con la Sic58 quando era piccolissimo ed è cresciuto con la nostra squadra. Era importante fare bene e far capire che eravamo una squadra seria. Entrambi i piloti sono cresciuti e tutti ci hanno apprezzato sia per come abbiamo lavorato, che per i risultati. È stato un anno positivo, rovinato però dalla scelta di Tony di abbandonarci: personalmente sono rimasto molto deluso, perché la nostra è una famiglia ancora prima di una squadra, e ho scoperto dai giornali questa sua scelta. Sia chiaro, lui non aveva nessun impegno con noi, ma era nato e cresciuto con noi e dato il rapporto che avevamo mi sarei aspettato di scoprire questa sua scelta di cambiare con una chiacchierata. Ci sta tutto nel mondo delle corse, solo mi è spiaciuto il modo, e questa cosa ancora oggi mi fa arrabbiare. Noi viviamo questa avventura e la nostra è una famiglia oltre che un team. Io con i piloti mi sento sia capo sia papà, si tratta di due figure che si devono saper bilanciare ed essere presenti a loro modo in momenti diversi. A volte infatti bisogna essere rigidi, altre bisogna lasciarsi andare con un sorriso, una carezza, un abbraccio”. Della seconda stagione invece ha detto: “Andato via Arbolino, amarezza a parte, alla fine ci è andata meglio. È arrivato Niccolò Antonelli, un ragazzo che era alla ricerca di una sua identità, che ha scelto noi per riscattarsi, spinto dalla straordinaria voglia di mettersi in gioco e di fare bene dopo sei anni di Mondiale. All’inizio era diffidente, ma ha capito come lavoriamo e sta prendendo fiducia. Va forte e pian si sta sciogliendo. Sono convinto che non manca molto al primo podio insieme”.
Il ricordo di Marco è rimasto indelebile negli appassionati: “Vedere così tante persone che gli vogliono sempre bene e che non lo hanno assolutamente dimenticato per le emozioni che è riuscito a trasmettere, è un’emozione che lascia senza parole. Il calore che abbiamo intorno è incredibile: non si tratta solo di appassionati, ma anche di persone che non guardano le moto. All’inizio rimanevo stordito da questo affetto: bandiere, abbracci, fotografie, sorrisi, lacrime. Tanti vogliono semplicemente salutarmi, altri mi portano dei pensieri. Come l’anno scorso in Malesia, dove a distanza di sei anni dall’incidente di Marco una ragazza mi ha riportato uno dei guanti che aveva in gara proprio a Sepang. O come poche settimane fa a Jerez dove una fan mi ha portato una piccola scultura realizzata da lei con la catena di una moto. Tutto il mondo mi ha fatto sentire la propria vicinanza. Questa è una cosa speciale. Ad ogni gara c’è sempre una piccola storia che poi porto indietro a casa, di persone che si uniscono ad un dolore unico che a volte si riesce a mascherare, ma che purtroppo non si può cancellare”.
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