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Interviste MotoGP - Carlo Pernat: “Per Valentino Rossi rischiai il posto di lavoro"

MotoGP - Rossi è all'ultimo giro di boa della sua fantastica carriera, alla vigilia del GP di Misano, l'ultimo per il Dottore sulla "sua" pista, abbiamo chiesto a Carlo Pernat di raccontarci Valentino pilota e personaggio. Il manager genovese ha avuto modo di apprezzarli entrambi: fu il primo a intuire le qualità del pesarese, nonostante lo scetticismo di molti
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Rossi visto da Pernat
Dopo 26 stagioni di successi ed emozioni, Valentino Rossi ha deciso di salutare il circus del Motomondiale. La sua avventura iniziò nel 1995 grazie all'intuito di Carlo Pernat, il manager genovese l'ha visto crescere e diventare il fuoriclasse che conosciamo, per questo, alla vigilia del GP di Misano, gli abbiamo chiesto di raccontarci il "suo" Valentino Rossi.

Come racconta Valentino Rossi?
Per raccontarlo ci vorrebbe una vita… È un pilota di altri tempi, non lo si può paragonare a quelli di oggi e neanche all’era di Marquez e Stoner. È di una generazione diversa. La prima volta che l’ho visto mi era sembrato molto forte, un po’ pazzo, uno che faceva delle traiettorie abbastanza allucinanti. Quindi o era un campione o era un pazzo. Guidava un po’ alla Schwantz, tirava giù la moto come se fosse una bicicletta. Al di là di questo, mi avevano colpito la sua freschezza, la simpatia e la spontaneità. Era un piacere, anche quando era ragazzino, stare con lui. Era curioso come una scimmia, gli piaceva sapere tutto di tutti, era allegro, comunicativo, con una simpatia innata... e non è cambiato affatto. È rimasto quello che era: se lo incontri al bar beve con te, si fa insieme due risate e due battute.

Bastò la simpatia per ingaggiarlo?
Questo mi aveva colpito e ci credevo. Poi che da lì riuscisse a vincere nove titoli, non potevo saperlo, non ero un mago. Ma che diventasse qualcuno sì, perché il talento era a fiumi. Poi Valentino ha quelle quattro o cinque caratteristiche che gli altri non hanno: talento, comunicazione, simpatia, allegria e il gusto di stare insieme. Di eredi Valentino non ne ha, perché nessuno ha tutte queste cose.

Tra le tante esperienze che avete fatto insieme, qual è un aneddoto che più le è rimasto impresso?
Ogni tanto tirava qualche pacco, nel senso buono della parola. Alla fine faceva un po’ quello che voleva, insieme a Uccio e alla sua banda. A quei tempi era abbastanza scanzonato. Non era ancora un professionista nel 96 e 97. Quella di Gilles Villenueve è quella che più mi fa imbestialire.

Cosa successe?
Nel 97 vinse il Mondiale con Aprilia in 125 e in quell’anno anche Villenueve, di cui lui era un grandissimo appassionato, vinse in F1. Mi chiedeva sempre quando glielo potevo presentare. In quell’anno c’era un evento a cui avrebbero dovuto partecipare insieme, io conoscevo il capo della Renault e quale occasione migliore per farli incontrare? Eravamo a mangiare in un ristorante io, lui e Uccio e ad un certo momento mi dice che va in bagno. Da lì non l’ho più visto. Sono spariti. Non so ancora perché e per quello rischiai il posto di lavoro. Ho fatto la figuraccia con Renault e con Beggio. Poi lo perdoni e non vai neanche ad approfondire, perché ha vinto un mondiale, però…

Nella sua carriera Valentino Rossi cosa ha rappresentato?
Il miglior fiore all’occhiello. Ho spinto e ho concluso un contratto di tre anni nel ‘95 con un pilota in cui credevo ma che era sconosciuto. Ho dovuto insistere un po’ per fare un contratto di tre anni, erano soldi veri: 30 milioni nel ‘95, 60 nel ‘96 e 180 nel ‘97 già predefiniti. C’era stata tanta resistenza, ero un po’ solo a crederci, per me è stata una soddisfazione enorme anche perché fu una vittoria personale.

E quello è stato solo l’inizio, poi ha scritto pagine importanti di storia del motociclismo.
Sono contento che ha fatto quella carriera, siamo sempre rimasti in ottimi rapporti. Un rimpianto ce l’ho: quando a fine ‘97 mi chiese di fargli da manager. Come facevo a dirgli di sì, ero responsabile della gestione sportiva di Aprilia. Tornassi indietro molto probabilmente lo farei! (ride)

Chi pensa di essere stato lei per lui?
Di tempo ne è passato tanto, credo che all’inizio gli ho insegnato un po’ a essere quello che è. Lo era già di natura, però ha incontrato uno come me che è abbastanza giocherellone, estroverso, che è portato alle relazioni esterne. Lì secondo me Valentino mi ha un po’ osservato, era così curioso e di certo mi studiava. Questa sua freschezza e voglia di far casino era già ben presente, ma insieme abbiamo fatto un sacco di goliardate. E magari era il momento giusto della sua carriera per cominciare con qualcuno come lui ma con po’ di esperienza in più.

Se dovesse dire chi è stato Valentino Rossi, cosa direbbe?
Ha rappresentato un’epoca, ha fatto innamorare del motociclismo gente che non sa neanche cosa sono i pistoni: donne, nonne, figlie, bambini, ragazzi, di tutto. Di questo dobbiamo tenerne conto, dal 97 in poi Valentino è stato l’icona. Ti racconto questa: quando ero in Texas dall’aeroporto ho preso un taxi, il taxista mi inizia a parlare, mi chiede se fossi italiano e poi ha citato la MotoGP e Valentino Rossi. Queste sono state le prime cose che mi ha detto. è qualcosa che non ha mai fatto nessuno. Gli dobbiamo molto, ci ha fatto “mangiare” tutti di più. La parola moto è arrivata in tutto il mondo grazie a lui, e nessuno ci era mai riuscito.

Come pensa sarà la MotoGP senza Valentino?
Ora nessuno se ne accorge, gli ultimi Gran Premi saranno tutti un tributo a lui, ma un colpo ci sarà. Un buon 20% di persone smetterà di venire ai circuiti. Poi chiaro che il motociclismo riparte, ci sono nuovi personaggi, ti devi dimenticare di quel periodo e andare avanti, ma posso dire: beato chi l’ha vissuto!
Come in tutte le cose c’è un inizio e una fine. E vedrai che a Valencia qualche lacrima la verserà… Nella conferenza stampa in cui ha annunciato il ritiro era stato un po’ glaciale, ci ero rimasto anche un po’ male, adesso che comincia a capire…. Ma è normale. Non so se farà vedere le sue emozioni, la simpatia è superiore a tutto, però qualche lacrimuccia scommetto che si vedrà.

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