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KTM RC16, sarà lei la prossima regina della MotoGP?

Chiudiamo il nostro viaggio tra le moto che hanno fatto la storia del motomondiale con il prototipo più innovativo degli ultimi anni. Dopo Yamaha, nel 2020 ha vinto più gare di tutti: la moto di Mattighofen è pronta per conquistare il titolo?
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Con l'ultima scheda, dedicata alla Suzuki GSX-RR, la carrellata sulle moto più vincenti del motomondiale è giunta al presente. Rimane però ancora una puntata, che il nostro Guido Sassi ha voluto dedicare a KTM. Il costruttore austriaco, come ben sappiamo, non ha ancora vinto un titolo in classe regina, ma nel 2020 ha ottenuto i suoi primi 3 successi in MotoGP. Per l'anno prossimo Mattighofen punta addirittura al primo posto e la RC16 è sicuramente tra le moto pìù innovative del lotto. Sarà lei la dominatrice del futuro?

Grandi ambizioni
Dopo gli anni del due tempi (con un mondiale costruttori vinto nel 2005), il debutto in Moto3 nel 2012 e 7 titoli tra piloti e costruttori ottenuti in 5 anni, KTM sbarca tanto in Moto2 quanto in MotoGP nel 2017. L'avventura in classe regina si contraddistingue per scelte fin dall'inizio fortemente legate alla tradizione del marchio, in particolare il telaio a traliccio in tubi d'acciaio e le sospensioni WP. Mike Leitner, l'ex capo meccanico di Pedrosa, si unisce alla squadra già nel 2015, ma l'influenza dell'esperienza HRC si riscontra al di là del lato operativo, sull'intero progetto: il motore è un V4, e anche se inizialmente il motore ha un angolo di 90° tra le due bancate, la configurazione di scoppio è screamer e l'albero non è contro rotante. La RC16 nasce con l'idea insomma di essere una “bestia” che insegue il piano della potenza pura. I piloti firmati per il primo biennio sono Pol Espargarò e Bradley Smith, che invece provengono da un'esperienza pluriennale con le 4 cilindri in linea Yamaha.

L'impatto con la realtà
La prima RC16 nasce bene, ma non benissimo: il telaio risulta troppo rigido, la moto fatica a curvare e frenare, la potenza c'è ma è difficile da scaricare a terra. I rimedi vengono cercati seguendo la concorrenza: prima di metà stagione viene introdotto un nuovo telaio, più flessibile lateralmente e la configurazione di scoppio del motore diventa irregolare per favorire la trazione, grazie all'introduzione di un nuovo albero motore. Tutti gli sviluppi sono realizzati molto velocemente, perché KTM dispone delle concessioni regolamentari e di un grande budget. I tempi migliorano, ma i risultati di fine 2017 rimangono sostanzialmente quelli di inizio stagione: solo sei arrivi in top ten tra i due piloti, e mai tra le prime otto moto al traguardo.

Il cambio di passo si fa attendere
Nel 2018 non ci sono cambiamenti così evidenti nello sviluppo, ma gli affinamenti sono molti e sostanziali. In particolare l'albero motore diventa contro rotante, aiutando la moto a fermarsi meglio in ingresso curva. Il nuovo albero è anche più pesante del precedente, rendendo più stabile il posteriore della moto. KTM si allinea alla concorrenza anche nello sviluppo aerodinamico, con l'introduzione di vari profili alari, e nuovi telai che cercano la giusta rigidità. I risultati però tardano ad arrivare, e prima del gp bagnato di Valencia gli arrivi in top ten sono solo due. L'ultima gara porta il podio bagnato di Espargarò e un ottavo posto per Smith, ma se l'onore è salvo, c'è ancora molto da lavorare per raggiungere buoni risultati al di là di occasionali exploit.

Nuovi investimenti
Nel 2019 KTM raddoppia le moto in pista, siglando un accordo con il team Tech3 di Hervé Poncharal. È la prima volta che un costruttore fornisce a una squadra satellite due moto perfettamente identiche a quelle factory, oltre a un team tecnico di pari valore; i piloti diventano quindi quattro: Espargarò, Zarco, Oliveira e Syahrin. L'obiettivo è raccogliere quanti più dati possibili.
Il 2019 inizia meglio dell'anno precedente, ma non in maniera eclatante: Espargarò lamenta i soliti problemi, Zarco addirittura cade in una crisi profonda di risultati e motivazione. A Jerez de la Frontera la configurazione degli scoppi del motore diventa long bang, cioè irregolare con l'accensione delle quattro candele nel primo giro dell'albero e viene introdotto un nuovo forcellone in carbonio. Gli arrivi in top ten si moltiplicano, in Francia Espargarò centra addirittura un sesto posto finale, a Misano conquista la prima fila in qualifica.
L'investimento migliore KTM però lo fa assumendo Daniel Pedrosa come tester: nonostante un infortunio che rende indisponibile lo spagnolo fino a metà stagione, il contributo nello sviluppo della moto è sostanziale. Il costruttore austriaco trova finalmente quel pilota di esperienza ad alto livello, per di più con motore V4. Dani si dimostra il campione che mancava alla squadra, capace di indirizzare lo sviluppo in una direzione chiara. Peccato solo che il Piccolo Samurai non ne voglia sapere di tornare a correre.

L'anno della consacrazione
Il 2020 finalmente porta i risultati sperati, a fronte di importanti novità tecniche: alla WP vengono ingaggiati alcuni tecnici Ohlins, che rendono le sospensioni della RC16 ben presto più efficaci. È un passo in avanti fondamentale, che si unisce all'adozione di un telaio misto tubi e trave, sempre in acciaio. Le KTM finalmente volano, tanto che in sole 14 gare arrivano 3 vittorie e altri 5 podi, oltre a 3 pole position. A fine campionato Espargarò è quinto in classifica, KTM quarta nei costruttori ma a soli 21 punti dalla Ducati campione.
Dove potrà arrivare questa KTM? Il punto debole in questo momento forse sono i piloti: manca un vero top rider, ma con Binder e Oliveira che si sono sbloccati e appaiono più maturi, il 2021 potrebbe portare a nuove soddisfazioni. La RC16 non è ancora una moto da annali della classe regina, ma se riuscisse a conquistare il titolo piloti nella prossima stagione, sarebbe la prima casa non italiana o giapponese a farlo dal 1951, la seconda europea in MotoGP dopo Ducati. La storia attende, l'inizio del mondiale si avvicina.

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