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Gilera Quattro Cilindri, la prima dominatrice del motomondiale

La moto italiana domina la scena nei primi anni '50, conquistando ben sei titoli iridati. Il progetto però è di un quarto di secolo precedente, e sfrutta la geniale intuizione di Gianini e Remor, che avevano disposto i quattro cilindri frontemarcia invece che trasversalmente. La Rondine, oltre che nelle gare, si era distinta anche nei record di velocità, con Piero Taruffi. La mezzo litro di Arcore ha l'albero controrotante, il cambio estraibile e può essere considerata la "nonna" dell'attuale Yamaha M1 di Valentino 
È possibile delineare, se non una classifica, almeno una selezione delle dieci moto che hanno fatto la storia del motomondiale in classe regina? Non è semplice: oltre 70 anni di gare sono moltissimi, e poi bisogna mettersi d'accordo se si vogliono scegliere i prototipi più vincenti, o quelli magari rivoluzionari ma di minor successo. Noi comunque ci abbiamo provato, insieme al nostro Guido Sassi. Seguiteci in questo lungo viaggio nella velocità: prenderà in considerazione le moto che - vincendo- hanno anche contribuito più di altre all'epopea del mondiale.

Una moderna centenaria
Il motomondiale inizia nel 1949, ma le corse e i record motociclistici hanno una storia molto più lunga e hanno goduto di un grande impulso nel periodo tra le due guerre. La prima moto italiana a vincere - e in un certo verso a dominare- in classe 500 è la Gilera, con la sua 4 cilindri in linea. Sono 6 i titoli tra il 1950 e il 1957, con un mezzo che però è la rivisitazione di un vecchio progetto risalente addirittura agli anni '20. Si può insomma dire che le moderne Yamaha M1 e Suzuki GSX-RR hanno una illustre progenitrice con un secolo di vita sulle spalle. È il 1923 quando Carlo Gianini e Pietro Remor hanno una felice intuizione, affatto banale per l'epoca: disporre i quattro cilindri in linea del proprio motore fronte marcia, invece che longitudinalmente. I due giovani ingegneri prendono così i classici due piccioni con una fava: riescono a disegnare un telaio non eccessivamente lungo e a eliminare il problema del surriscaldamento dei cilindri posteriori, tipico della soluzione precedente.

Un percorso tortuoso
Il progetto mostra subito delle ottime potenzialità: la creatura di Gianini e Remor sviluppa 28 cavalli a 6.000 giri/min. Un buon termine di confronto si può trovare nella BMW R32: anche i tedeschi sono giunti alla conclusione che è necessario ruotare il motore e hanno dato vita al boxer bicilindrico, che però si ferma a 8,5 cavalli a 3.200 giri. Nonostante dati tecnici più che promettenti, la OPRA fatica a trovare finanziamenti adeguati. Il conte Giovanni Bonmartini si appassiona al progetto: la moto riceve una distribuzione a doppio albero e il raffreddamento a liquido, viene ingaggiato il giovane e talentuoso Piero Taruffi per inseguire record e vittorie. I risultati però scarseggiano: la concorrenza delle Bianchi, delle AJS e delle BMW si rivela tosta, i problemi di affidabilità chiedono iniezioni di capitali per essere risolti.
I tedeschi possono contare sull'aiuto del regime nazista, Bonmartini trova appoggio in Mussolini. Il conte fonda la Compagnia Nazionale Aeronautica, sotto le insegne CNA la OPRA 500 diventa Rondine e inizia a volare verso il successo. La moto viene irrobustita nel telaio e nel motore, che raggiunge la ragguardevole potenza di oltre 80 cavalli a 9500 giri/min nella versione da record. Ma tra i quadri del regime fascista c'è chi rema contro: il sanguinario governatore della Libia, Italo Balbo, è anche un valido pilota e mecenate delle corse ma non tollera Bonmartini, ostacolandolo in ogni modo nello sviluppo del suo progetto a due ruote e nell'ottenimento delle ambite commesse aeronautiche.

La svolta
I sei esemplari della Rondine vengono venduti a poco prezzo alla Gilera, che in quanto a moto da corsa era indietro rispetto alla concorrenza. L'ingegner Caproni rimette mano al progetto: irrobustisce motore, telaio, vengono realizzate carene modello streamliner. E poi, ovviamente, ci sono il coraggio e il manico di Taruffi. Nel 1937, sull'autostrada Bergamo-Brescia (aperta al traffico!), il pilota della Gilera spinge la moto sul chilometro lanciato all'incredibile velocità di 274 chilometri orari.



Il successo iridato
Dopo la pausa dovuta al conflitto armato, la Gilera riprende in mano il progetto della propria 4 cilindri: Remor, che nel frattempo è passato alla casa di Arcore, la dota di raffreddamento ad aria e la moto perde anche il turbocompressore, per via dei nuovi regolamenti sportivi. La lubrificazione è a carter umido, l'albero a gomiti è controrotante come nelle moderne MotoGP. La 500 da gran premio conserva le misure di alesaggio per corsa 52x58 come la Rondine e la distribuzione a doppio albero a camme in testa. Due valvole per cilindro, con un angolo compreso di ben 100° e pistoni a cupola molto bombata. La Quattro Cilindri è una vera moto pensata per le gare, con cambio estraibile a motore montato.
Le avversarie della Gilera 500 sono Norton, AJS, MV Agusta, il primo iridato è Umberto Masetti, che con due successi si laurea campione nel 1950 a Monza, davanti a una folla in delirio per il successo di un solo punto su Geoff Duke, in sella alla Norton.
Nel 1951 Remor lascia l'azienda, ma lo sviluppo prosegue a opera dello stesso Giuseppe Gilera e Franco Passoni che (ci ricorda Massimo Luchini Gilera, nipote del fondatore e "memoria storica" della casa di Arcore) apportano alcune importanti modifiche al motore. Le più importanti riguardano l'abbandono del blocco in un'unica fusione di testa-cilindri-parte superiore del basamento ai cilindri individuali (separati dal basamento) e della testata in due parti unite al centro. Queste modifiche rendono il motore ancora più affidabile, potente... e più economico da produrre.
Anche grazie a queste modifiche Masetti vince ancora il titolo nel 1952, poi è proprio Duke, passato alla Gilera, a sbaragliare la concorrenza per tre anni di fila. L'ultimo mondiale della 500 porta la firma di Libero Liberati, nel 1957. A quella data la Quattro Cilindri sviluppa la ragguardevole potenza di 70 cavalli a oltre 10.000 giri/min, contro i 50 nella versione del primo mondiale. Oggi fa impressione pensare che una moto nata un quarto di secolo prima riesca a essere competitiva ai massimi livelli. Bisogna però innanzitutto considerare gli anni di stop dovuti alla seconda guerra mondiale. E comunque, se pensiamo alla Yamaha, non è che la M1 di oggi sia un progetto tanto diverso rispetto alla moto che Valentino ha preso in mano nel 2004, quanto piuttosto una sua evoluzione.
Tornando a noi, Gilera si ritira dalle gare proprio a fine 1957 come le rivali Mondial e Moto Guzzi, per via dei costi diventati esorbitanti. Si chiude un'era, ma un'altra è già alle porte.

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