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Marquez ammazza il campionato, ma la MotoGP è più viva che mai

Nonostante la fuga a +37 in classifica del pilota Honda, il motomondiale non conosce la noia. Gli avversari del 93 sono vicini e non si rassegnano, le gare sono molto più combattute di sei anni fa, quando lo spagnolo sbarcò in top class. Il merito è di un panorama tecnico sempre più vario e della fornitura Michelin: ogni gp è imprevedibile
Per chi segue la MotoGP limitandosi a guardare le classifiche di fine gran premio la stagione 2019 potrebbe risultare quasi noiosa: Marquez ha vinto 4 gare su 7 e conta 37 punti di vantaggio su Dovizioso quando siamo a nemmeno metà campionato: per ritrovare MM93 così avanti rispetto alla concorrenza dopo sette gare bisogna tornare al 2014, quando il pilota di Cervera fece filotto vincendo tutti i primi 10 gp e di fatto uccidendo il campionato sul nascere.

Superiore ma non lontano
Al di là della matematica e oltre le statistiche il campionato però è più vivo che mai: domenica Marc non ha vinto con la facilità che il distacco inferto agli avversari può far pensare, nonostante lo strike di Lorenzo abbia tolto gran parte della concorrenza dalla circolazione già al secondo giro. Quartararo ha concluso con appena 2.6 secondi di disavanzo una gara all'inseguimento, con un passo gara identico a quello del campione del mondo. Se si guardano i tempi delle qualifiche il livellamento tecnico risulta ancora più evidente: i primi 18 piloti sulla griglia erano separati da appena un secondo, un dato impressionante se si pensa che il Circuit de Catalunya misura comunque 4.6 chilometri ed è pista vera, con diversi punti dove fare la differenza.

Il confronto con il passato
I nostalgici che rivendicano una MotoGP più spettacolare possono prendere per confronto il 2013, tanto per fare un esempio: tra Dani Pedrosa, poleman di quella edizione e Danilo Petrucci, 18esimo in griglia, i secondi di distacco erano 3.5 e in un secondo c'erano appena sei piloti. La gara ugualmente risulta esemplificativa: Lorenzo vinse con 1.7 secondi su Pedrosa, ma tolti i primi quattro piloti il margine diventava di 26 secondi. Domenica con quel distacco si è classificato Johann Zarco, decimo: con tutto il rispetto per il francese e la sua Ktm, senza il numero da bowling di Lorenzo ci sarebbero stati probabilmente altri 3-4 piloti in mezzo.
Non abbiamo preso il 2013 a caso come anno: pur essendo il primo anno di Marquez in MotoGP e già con moto 1000 di cilindrata, in quella stagione il panorama tecnico della classe regina era molto meno interessante: tre costruttori invece di sei, con la Ducati relegata al ruolo di comprimaria e la categoria CRT utile solo a rimpinguare la griglia di partenza. Le gomme Bridgestone giocavano inoltre un ruolo meno importante nell'economia della gara: la scelta della mescola era quasi obbligata, mentre oggi il carattere della moto e la sensibilità del pilota possono indirizzare la decisione verso due o talvolta addirittura tre soluzioni valide per ogni gran premio.

Cresce il livello, scendono i distacchi
Se Marquez ha vinto più della metà delle gare di questo 2019, i sorpassi non mancano e i gp sono sempre molto combattuti: 16.3 sono i secondi complessivi tra il vincitore e il secondo classificato in questo inizio di stagione, nonostante la gara vinta per distacco da Marquez in Argentina (9.8 secondi su Rossi), ma con ben due arrivi al fotofinish (Qatar e Mugello). Tornando al 2013 la somma porta a 21.9 secondi, senza nessuna gara decisa sul filo di lana, o con distacchi inferiori al secondo.

Le contromosse degli avversari
Il rischio che Marquez possa vincere il mondiale 2019 con ampio margine, un po' come sta facendo Lewis Hamilton in Formula1 è concreto, ma lo spettacolo delle singole gare non rischia di risentirne. Gli avversari soffrono in questa fase, ma sono vivi e hanno armi a disposizione per combattere. La Ducati sta cercando di prendere le contromisure sullo spagnolo e nonostante il bilancio di vittorie sia inferiore al 2017 e 2018 (due successi contro tre), il saldo dei punti è simile: Dovizioso ha solo un punto in meno rispetto al magico 2017 e ben 37 in più rispetto al disastroso 2018. Petrucci nei fatti non sta facendo rimpiangere troppo Lorenzo e ha 32 punti in più del maiorchino versione 2018, pur con una vittoria in meno. Danilo ha ancora margine per un migliore affiatamento con la Desmosedici, Dovizioso sembra leggermente sotto tono rispetto al passato ma la partenza di domenica lasciava presagire un bel duello con Marquez.
La Suzuki è poi in stato di grazia e ha passato indenne le forche caudine del Mugello e di Barcellona, con due quarti posti che sono il miglior risultato su due piste che per tradizione non sono proprio favorevoli ai colori di Hamamatsu. Un nuovo telaio e la costanza di Rins saranno armi preziose nel resto del campionato.
Yamaha mostra la situazione più difficile da decifrare, con prestazioni altalenanti ma ben tre piloti che ad oggi sono riusciti a dare fastidio a Marquez in occasioni diverse: Rossi, Vinales e Quartararo hanno età, caratteristiche e perfino moto diverse, ma a turno possono e vogliono provare a conquistare quella vittoria che manca ancora ad Iwata.

Cosa farà il 93?
C'è poi da aggiungere che tradizionalmente Marquez rende meglio sotto pressione, tant'è che negli anni scorsi è caduto in gara a campionato già deciso (nel 2018 in Australia e a Valencia), mentre difficilmente sbaglia in bagarre. Inoltre, la logica di mettere in cassaforte il campionato il prima possibile potrebbe anche suggerire a Marc di portare a casa qualche piazzamento piuttosto che giocare all-in in gare di gruppo: potrebbe essere il caso già del prossimo appuntamento di Assen, pista che regala gran premi generalmente molto divertenti.
In conclusione si può affermare che, se guardando la classifica il campionato 2019 può sembrare già deciso, basta godersi le singole gare per rendersi conto di quanto la MotoGP odierna stia vivendo uno dei periodi più spettacolari e combattuti dell'era moderna.
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