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Marzocchi chiude: 120 posti di lavoro a rischio

L’azienda bolognese specializzata nella produzione di sospensioni sembra destinata alla chiusura. Tenneco, la multinazionale americana che dal 2008 ne detiene la proprietà, ha deciso di chiudere lo stabilimento di Zola Pedrosa. Sono in pericolo 120 posti di lavoro 
Terminate le scorte, addio a Marzocchi
Pare che non ci sia più alcuna speranza per Marzocchi: la storica azienda bolognese, fondata nel 1949 e dal 2008 di proprietà della multinazionale americana Tenneco, potrebbe cessare definitivamente l’attività una volta smaltite le ultime scorte. Le Case che adottano i suoi componenti come primo equipaggiamento hanno infatti già ricevuto una comunicazione ufficiale nella quale si informa che Marzocchi, terminate le scorte in magazzino, non sarà più in grado di rifornirle.
La notizia era nell’aria già da qualche settimana e la conferma è arrivata dopo l’incontro del 14 aprile con i sindacati, conclusosi con un nulla di fatto. Sono dunque a rischio tutti i 120 lavoratori ancora impegnati nello stabilimento di Zola Predosa. Il gruppo americano già nel 2011 aveva dichiarato l’intenzione di chiudere i battenti, ma si era giunti a un accordo che prevedeva una riduzione di 50 posti di lavoro e la successiva introduzione della cassa integrazione. Ma la crisi del mercato (stando a quanto dichiarato dai manager Tennaco) ha portato la multinazionale americana a decidere la chiusura della fabbrica: il business delle forcelle non sarebbe più sufficientemente redditizio. La speranza di una soluzione in qualche modo positiva sembra ridotta al lumicino: sembra che Tenneco non abbia neppure rinnovato il contratto di affitto dello stabilimento e sia solo in attesa della scadenza della cassa integrazione straordinaria. L'unica voce che si è levata è quella della Fiom, che ha fatto sapere di voler chiedere l’apertura del tavolo di crisi con le istituzioni. Vi terremo informati se ci saranno altre novità.
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acterun
Mer, 04/22/2015 - 17:24
Come da copione chiudono qui, vendono le proprietà e portano il marchio a casa, o magari in oriente. Americani, giapponesi ed europei fanno così, non è un segreto.