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Mark Kinnard vince la Gibraltar Race 2017, una seconda edizione piena di conferme

La manifestazione che ha attraversato l’Europa da est a ovest è cresciuta nei numeri, nell’intensità e nelle potenzialità grazie a una formula che ha entusiasmato i partecipanti che, inossidabili, hanno guidato e navigato per quindici giorni, scoprendo luoghi sconosciuti e stringendo belle amicizie.
Missione compiuta!
Venerdì scorso, con la tappa Aznalcázar-Gibilterra, si è conclusa l’avventura di sessanta persone. Persone arrivate da varie parti d’Europa, una addirittura dall’Australia, partite cariche di aspettative e incognite, ma con un’unica grande consapevolezza: avrebbero dato tutto per raggiugere Gibilterra in sella alle loro moto e sfidare, così, stanchezza, imprevisti, pericoli e avversità.
Non si tratta di piloti, non si tratta di atleti. Si tratta di persone comuni, che svolgono le più differenti professioni ma che, grazie alla Gibraltar Race, per due settimane si sono sentite parte di qualcosa di grande, qualcosa che li ha portati a viaggiare attraverso 8.000 chilometri su strade e sterrati di ogni tipo e difficoltà, stringendo i denti durante i momenti più duri e gioendo di fronte alle piccole conquiste quotidiane.
La Gibraltar Race è così, è un’avventura agonistica che si presta a molteplici interpretazioni. La si può affrontare più agguerriti che mai puntando a raggiungere un buon risultato o, perché no, a vincere. Oppure la si può prendere più alla leggera, tenendo presente, comunque, che leggera non è affatto. I giorni sono numerosi, i chilometri, poi, non ne parliamo. La stanchezza si accumula giorno dopo giorno ma, parallelamente, giorno dopo giorno si conoscono meglio i propri avversari e si stabilisce con loro un rapporto di solidarietà, mutuo soccorso e, alla fine, magari anche amicizia.
Le tappe dell’itinerario sono estremamente interessanti. Così diverse l’una dall’altra, ma accomunate dalle sensazioni che la moto ha il potere di trasmettere ai partecipanti. In base a come si affronta la Gibraltar Race, lei regala stimoli differenti. Se si predilige l’aspetto turistico, il paesaggio spettacolare consente di immergersi nel contesto e sentirsi parte di esso. Non si corre molto alla Gibraltar. Prima di tutto perché è una gara basata sulla regolarità e poi perché, in questo modo, ci si può godere lo spettacolo della natura.
Adatta anche ai meno esperti che, in due intense settimane, si fanno una full immersion di on e off-road e, un po’ alla volta, migliorano le loro abilità di guida. All’inizio, incontrando la prima curva, staccano, scalano, piegano, accelerano. Ecco che arriva lo sterrato. La tecnica di gestione della moto cambia, sale l’adrenalina, imparano a governarla e migliorano il feeling con essa. La mente si concentra, curva dopo curva in sella ci si sente sempre più sicuri. I pensieri, ora, sono rivolti più che altro alla gestione della navigazione e dei tempi imposti, l’abilità cresce e i gesti diventano sempre più automatici, istintivi, le curve cullano i motociclisti con la loro dolce sinuosità, le mulattiere diventano un divertimento da godersi con audacia.
Man mano che ci si sposta attraverso Bulgaria, Macedonia, Albania e Italia a volte si sale di quota e le curve si fanno tornanti. Più strette, brusche, tortuose. Ora si ha voglia di aggredirle, si smette di guidare lentamente per godersi lo scenario e si inizia ad aprire il gas. In prova speciale ci si concentra sul tracciato, si legge il GPS, si cercano i way-point. Si pensa alle traiettorie, si piega il corpo e lo si sente in simbiosi con la moto, che ora è più aggressiva e potente. Ci si diverte, si lascia che l’adrenalina scorra nelle vene, non si vede quello che c’è intorno ma si pensa solo alla gara.
Ogni giorno è diverso da quello precedente. Ogni giornata è intensa, stancante e dura ma, quando arriva la sera, porta con sé una soddisfazione indescrivibile. I concorrenti si sentono cambiati nel cuore e nel corpo. I loro volti portano i segni della stanchezza, la barba lunga, gli occhi arrossati. Le tute e le moto sono sporche di fango e si portano dietro le esperienze accumulate nei giorni precedenti.
Il tempo scorre, senza rendersene conto si è già nella seconda parte della gara, e Gibilterra è sempre più vicina. Col passare delle tappe muta anche lo scenario. La Spagna regala un paesaggio brullo e pianeggiante: il deserto di Los Monegros. Un territorio secco e arido, dove impostare un'andatura molto veloce e scorrevole, ma dove la navigazione è intricatissima.
Una deviazione in Portogallo, nella cornice dello splendido Hotel de Moura, un ex convento del XVII secolo immerso nella natura selvaggia, dove i concorrenti la sera si sono rigenerati tra le fresche mura di una costruzione ricchissima dal punto di vista storico, architettonico e artistico, prima di affrontare le ultime due tappa della Black Sea-Gibraltar 2017.
La Gibraltar Race 2017, in questa seconda edizione, si è confermata una manifestazione versatile. Nata con l’intento di far vivere l’emozione dei grandi raid a motociclisti amatori che solitamente possiedono delle maxi enduro, ha visto, in realtà, grande interesse anche da parte di persone più navigate, che si sono presentate con moto più leggere, addirittura con una 250cc, a dimostrazione che, qualunque cilindrata si possieda, vi si può prendere parte e gareggiare nella propria classe: fino a 450cc, fino a 700cc, e over.
Anche quello che si cerca da questa competizione può variare in base alla vena competitiva che si possiede, alla voglia di viaggiare, al voler fare gruppo con gli altri concorrenti ritrovandosi tutti insieme la sera, al bivacco.
Durante l’ultima tappa, tuttavia, è stato messo da parte l’aspetto competitivo a favore di una giornata da vivere all’insegna dello svago. Niente punteggio, solo relax con un tracciato panoramico, un pranzo in un locale vicino al mare a Vejer de la Frontera con tanto di passaggio sulla spiaggia e, finalmente, il tanto agognato arrivo a Europa Point, a Gibilterra, con la cerimonia di premiazione dei vincitori: l’inglese Mark Kinnard su KTM 690, l’austriaco campione in carica 2016 Helmut Frauwallner su Yamaha WR450, e l’olandere Jan Van Der Schuur su BMW X-Challenge 650.
La nutrita compagine italiana si è dovuta, invece, accontentare dei terzi posti di categoria di Giacomo Trisconi in classe 1 con la sua “storica” Honda Africa Twin XLV 750 totalmente personalizzata, Ivan Petruzzelli in classe 2 su Yamaha XT-Z 660 Ténéré, e Renato Zocchi in classe 3 con la più piccola moto in gara, la Honda CRF250 Rally. Il varesino Petruzzelli, esordiente alla Gibraltar Race e 3º assoluto, risulta il migliore in classifica generale seguito da Marco Polani su Husqvarna 701, alla sua seconda partecipazione. Tra gli italiani che hanno conquistato Gibilterra coprendo l’intera distanza superando ogni difficoltà vanno sicuramente menzionati Gianclaudio Aiossa, Jonathan Balducci, Piercarlo Taverna, Fabrizio Oria, Alfredo Castiglione, Roberto Zazzali, Roberto Franzini e Cristiano Ricci.
Dopo aver raggiunto Gibilterra e aver visto concretizzarsi tutti gli sforzi di quindici giorni di viaggio on e off-road, per la cena i partecipanti sono stati accolti dal Motorcycle Club Gibraltar, dove un nutrito gruppo di harleysti ha preparato una serata in stile USA con hot dog e hamburger a volontà, e li ha intrattenuti fino a notte fonda per festeggiare il grande traguardo, abbandonati a una stanchezza colma di felicità e soddisfazione.
La Gibraltar Race, messa in piedi dal tour operator dei viaggi su due ruote Moto Raid Experience, ha vinto la sfida. Ha riunito nella stessa manifestazione varie tipologie di motociclisti - differenti per età, provenienza, moto e obiettivi - grazie a una formula vincente che si è rivelata versatile e adattabile alle esigente dei diversi partecipanti, assecondandone gli stati d’animo e trasmettendo a ognuno di loro la consapevolezza di aver contribuito a renderla grande.

Ph. Alessio Corradini

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